Censura in Cina, riflessioni (2)

Il blocco dei famosi motori di ricerca da parte delle autorità cinesi ci spinge a domandarci come mai il web, unico, mondiale e indipendente sia soggetto da parte di alcuni paesi a regole così restrittive.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 25-09-2002]

Google e AltaVista sono strumenti di ricerca che possono dare accesso a miliardi di pagine web: potenzialmente a miliardi di informazioni. Il governo cinese blocca l'accesso ai cybernauti del paese ma non è nuova a questo tipo di restrizioni: lo scorso autunno ha bloccato diversi siti perchè pubblicano informazioni che "mettono in pericolo la sicurezza dello stato e la stabilità sociale". Gli Isp (internet service provider) sono costretti per legge ad acconsentire a questo tipo di comportamento, ossia all'autocensura.

Il tentativo di resistere c'è: a fine agosto diciotto intellettuali (cinesi) hanno firmato una richiesta affinché siano perseguiti solo gli autori di diffamazioni, contenuti pornografici o violenti, nel nome della libertà di navigazione.

L'approccio europeo si dimostra più soft che in altri paesi: privilegia infatti la responsabilità rispetto al controllo preventivo e insiste su sistemi quali i codici di condotta o "l'advice and take down" cioè sulla responsabilità solo rispetto a contenuti effettivamente dannosi dei diritti di terzi (utenti singoli o associati).

Anche in Italia però si verificano blocchi di siti e denunce: il sito delle brigate rosse, Caltanet... Ci sono anche iniziative (per esempio quella di Isole nella Rete) che si propongono di mobilitare l'opinione pubblica a favore dell'utilizzo libero di Internet.

Negli Stati Uniti non mancano le polemiche sui sistemi di blocco e filtraggio: in sostanza un software da inserire in nuovi ambienti web (lavoro, università, scuole) per impedire l'accesso rispetto a determinati contenuti (si dice censorware).

Sono molte le ragioni che spingono a rispondere con veemenza a certi tipi di provvedimento; innanzi tutto il fatto che il blocco funzioni solo sul 10% del materiale da censurare, per esempio quello pornografico (che ha software in grado di eludere il blocco, o semplici codici linguistici detti underblocking) con il rischio di rendere indisponibili anche i contenuti considerati innocui. Evidente danno alla circolazione delle informazioni...

Paesi arabi e Vietnam infine vivono gravi limitazioni all'utilizzazione della rete. Si tratta di paesi comunque caratterizzati da un quadro disastroso anche per violazioni di altri tipi di libertà civili.

Il www insomma porta con sé la difesa e la lotta per la libera circolazione delle informazioni. Così ci troviamo a discutere su impostazioni di governo o decisioni che più o meno liberalizzano il passaggio di informazioni sul web. Inoltre compiamo uno sforzo disperato per riuscire a distinguere dove i contenuti sono "tagliati" perché veramente nocivi, oppure perché a loro volta oggetto di giochi politici superiori.

Infine dobbiamo tenere conto delle diversità culturali che portano ad assimilare il web nella società in tanti modi diversi, e a rigettare quindi tante soluzioni diverse a livello legislativo. Se da un lato poi è giusto che ci sia una libertà di informazioni, dall'altro non dobbiamo dimenticare la portata del flusso con il quale esse circolano e la diversa loro natura.

In realtà riuscire a valutare l'esperienza dei bit oggi è quanto mai difficile non solo perché non abbiamo storia alle spalle alla quale riferirci (i bit sono giovani né tanto meno sono soggetti a invecchiamento), ma anche perché siamo davanti a un fenomeno di portata planetaria che ci spinge a confronti prima impensabili.

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