In vista del Congresso del Partito Comunista del prossimo 8 novembre il governo cinese aveva bloccato i due celebri motori di ricerca. Dopo le numerose proteste ci ha ripensato, ma la censura in Cina è storia di tutti i giorni.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 25-09-2002]
Google e AltaVista i due celebri motori di ricerca sono di nuovo online in Cina. Alcune settimane fa il governo cinese ne aveva bloccato l'accesso senza specificarne le motivazioni. Dopo la reazione popolare e le numerose proteste delle aziende che operano nel settore le autorità di Pechino hanno fatto marcia indietro, rendendo i due siti web accessibili agli oltre 45 milioni di navigatori cinesi.
I server del governo cinese filtrano abitualmente il traffico Internet, con circa 30 mila addetti che controllano i contenuti dei siti, i discorsi delle chat e i messaggi di posta elettronica. Spesso capita che alcune pagine web vengano censurate e poi chiuse. Potrebbe sembrare un atto autoritario ma bisogna ricordare che la Rete viene costantemente monitorata anche negli altri Paesi. L'utente, inoltre, durante la navigazione lascia delle tracce e quindi delle informazioni che riguardano la sua persona. Qui nasce il problema della privacy e di chi vorrebbe fare di Internet uno strumento di comunicazione, completamente libero e aperto a tutti.
Ma la Rete può nascondere pericoli e dare rifugio ad attività illecite, che prolificherebbero se non adeguatamente controllate. Così, ufficialmente, la stretta sorveglianza cinese viene giustificata con la volontà di preservare i cittadini dal materiale pornografico che gira sul Web. In realtà a finire sotto censura sono spesso i siti di organi d'informazione stranieri o quelli di gruppi di difesa dei diritti dell'uomo.
Sembra che le restrizioni ai contenuti di Internet siano aumentate in vista del Congresso del Partito Comunista del prossimo 8 novembre, nel quale verranno nominati i nuovi dirigenti. Il presidente Jang Zemin avrebbe espresso l'intenzione di voler creare "una buona atmosfera" in vista della campagna elettorale e dell'atteso appuntamento politico. L'occhio vigile sui contenuti politici dei siti web sarebbe in linea con tali direttive. Ciò che ha sorpreso, però, è stato il blocco di due motori di ricerca, che di certo non si occupano di politica.
Google la cui versione cinese supera per fama e uso altri due motori cinesi, Sina.com e Sohu.com ha base in California, a Mountain View. Uno dei fattori del suo successo risiede nella grande quantità di informazioni che mette a disposizione, forse troppe informazioni per il governo di Pechino.
Su Google, infatti, i navigatori cinesi hanno cercato notizie del presidente Jiang Zemin: digitando il suo cognome sono venuti fuori circa 156 mila siti che lo citano. Al contrario, il motore cinese Sina.com ha trovato solo 1600 citazioni mentre la versione cinese dell'americano Yahoo! ha prodotto appena 24 risultati. Una delle pagine tirate fuori da Google con la ricerca Jiang è quella della setta Falun Gong, bandita dal governo cinese, che accusa il presidente di aver sterminato gli adepti del gruppo spirituale perché sentito come una minaccia al controllo del partito comunista.
Pochi giorni fa Google e AltaVista sono stati resi di nuovo consultabili, ma siamo sicuri che tutto sia tornato come prima? I navigatori cinesi denunciano sempre più spesso l'impossibilità di visualizzare determinati contenuti all'interno di certi siti. Questo vuol dire che i tecnici informatici cinesi potrebbero impedire la visualizzazione, all'interno delle pagine web, di alcune informazioni considerate pericolose. Potrebbe dunque esserci una censura più sofisticata: meno rumorosa (non fa notizia come la chiusura di un organo d'informazione) ma altrettanto efficace.
Proprio questa considerazione fa temere che anche la reintroduzione di Google possa essere in qualche modo parziale.
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