A settembre inizieranno i test del reattore a torio.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 27-07-2021]
Quando si parla di energia nucleare, la mente di molti corre immediatamente a disastri come quelli di Chernobyl o di Fukushima, ma la necessità sempre crescente di energia elettrica (possibilmente a basso costo) spinge gli Stati a investire nella ricerca di un nucleare "pulito", che inquini meno dei tradizionali reattori a fissione e sia meno pericoloso in caso di problemi.
La Cina, in particolare, il prossimo mese dovrebbe completare la costruzione del primo reattore (un prototipo da 2 MW) che non richiede acqua per il raffreddamento e non utilizza l'uranio, almeno non direttamente.
È un reattore a sali fusi, che vengono usati per il raffreddamento in luogo dell'acqua, e che adopera il torio liquido al posto dell'uranio.
Il torio è molto più abbondante ed economico dell'uranio e - spiegano gli scienziati - non può essere facilmente usato per creare armi nucleari. Viene dissolto in sali di fluoruro sciolti prima di essere inviato nella camera in cui avviene la reazione, a oltre 600 gradi Celsius, tramite il bombardamento con neutroni ad alta energia.
Ciò trasforma il torio in un isotopo dell'uranio, l'uranio-233, elemento che, sottoposto a fissione, rilascia energia e neutroni, dando il via alla reazione a catena. La miscela di torio e sali, riscaldata dalla reazione, viene quindi inviata in una seconda camera per la produzione dell'elettricità.
L'intero procedimento appare più sicuro di quello tradizionale per vari motivi. Non fa uso di acqua, e pertanto è possibile costruire le centrali in luoghi deserti, dove un eventuale incidente farebbe meno danni.
Inoltre, i sali sciolti, quando esposti all'aria, solidificano rapidamente, racchiudendo al loro interno il torio e isolandolo dal mondo esterno: le radiazioni che possono sfuggire in caso di fuoriuscita del materiale dal reattore, quindi, sono inferiori rispetto a quelle generate dal materiale usato nei reattori esistenti.
C'è dell'altro: mentre le scorie derivanti dall'uranio-235 continuano a rimanere altamente radioattive anche per 10.000 anni (e comprendono il plutonio-239, usato per le armi), la reazione che usa l'uranio-233 produce materiale che può essere riciclato per altre reazioni e sottoprodotti con un'emivita di soli 500 anni.
Se il progetto pilota, i cui primi test si svolgeranno in settembre, si rivelerà un successo, la Cina ha intenzione di costruire il primo reattore "commerciale" entro il 2030, per iniziare poi la costruzione di svariati reattori nucleari da posizionare nelle zone meno densamente abitate del Paese.
Il piano prevede di affidarsi non a grandi centrali ma a centrali piccole e diffuse che, secondo il professor Yan Rui dell'Istituto di Fisica Applicata di Shanghai, «offrono vantaggi significativi in termini di efficienza, flessibilità ed economia» e «possono giocare un ruolo chiave nella futura transizione verso l'energia pulita».
Gli scienziati cinesi affermano che una centrale a torio sarà una costruzione di dimensioni relativamente contenute: un reattore in grado di generare una potenza di 100 MW, in sé, può misurare appena 3 metri per 2,5 (anche se ovviamente la centrale dovrà contenere anche tutto il resto dell'infrastruttura dalle turbine in giù).
L'esperimento cinese è poi particolarmente interessante perché, sebbene la teoria dietro ai reattori a torio non sia nuova (l'idea è del 1946), finora chi aveva provato a realizzarli aveva incontrato problemi praticamente insormontabili.
I sali causano infatti corrosione nei tubi, e la debole radioattività del torio fa sì che sia difficile ottenere una reazione autosostenuta senza aggiungere uranio. Se e come i cinesi abbiano ora risolto questi problemi non è chiaro.
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