Il mondo dopo la new economy

La new, le dot, le bolle, le speranze e la recessione. Bene, e adesso: è ritornato tutto come prima?



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 02-05-2003]

"Le macchine vanno ancora a petrolio - ha sentenziato qualcuno - E il mondo va avanti grazie alle macchine. Non grazie all'internet". Può darsi. I prossimi anni, ovviamente, non saranno anni facili per la nuova economia: sul piano culturale, prima ancora che su quello strutturale.

Come accade per tutte le tecnologie di svolta (nell'Ottocento la locomotiva la mettevano dentro le poesie, altro che gli editoriali del 24Ore...), l'economia del web, nonché mitizzata, è stata caricata di pressocché tutte le speranze umane concepibili. Ovvio che, alla prima crisi seria, segua altrettanto globale la reazione. Niente paradiso cibernetico, niente nuovi giocattoli, niente mondo nuovo...

Un momento. La novità principale è rimasta, e non sembra per niente erosa dalla crisi. La novità era questa: che il mondo occidentale, che fino a tutti gli anni Settanta produceva essenzialmente beni materiali, da un certo momento in poi ha cominciato a produrre principalmente informazioni. Non tutte immediatamente percepibili come tali: un film è un'informazione, un business plan è un'informazione, un format tv è un'informazione, un sistema urbanistico complesso è una serie di flussi d'informazioni; una qualsiasi "moda" che produca effetti industriali può essere considerato come un sistema interattivo d'informazioni. Carnaby Street, in senso lato, è un prodromo della new economy, tanto significativo nella sua fase quanto, in fasi ulteriori, Intel o Cnn. In questo, probabilmente, l'Europa è stata - almeno culturalmente - all'avanguardia rispetto agli altri due poli del mondo occidentale.

Siamo andati sulla Luna con appena una manciata di bytes nella Ram di "base Terra". Abbiamo costruito gli Anni Ottanta a colpi di Intel 286: seicento kB, nel caso migliore. Adesso, ragioniamo in termine di mega e di giga e di terabytes, ma il meccanismo è sempre quello inaugurato allora. Ci giochiamo tutto sull'informazione. Lasciamo che i coreani costruiscano le navi e i cinesi i grattacieli. Noi, produciamo il software - letteratura e' software, entertainment è software, finanza è software, formazione è software - per farli funzionare.

In Europa, buona parte del reddito (e in Inghilterra già la maggior parte) proviene ormai da questo settore. Ancor più dell'America, che teoricamente potrebbe sempre ritornare indietro, noi europei siamo obbligati ad andare avanti per questa strada. Produrre informazione, vendere informazione. E dunque continuare a sedimentare un società basata, molto più che sullo scambio di beni, sullo scambio d'informazioni.

In effetti, non abbiamo ancora un'idea esatta di dove tutto questo ci porti sul piano sociale (ma siamo sicuri che anche il termine "sociale" non possa essere ormai sostituito da qualcosa che anch'esso attenga alla condivisione d'informazioni?). Percepiamo tuttavia che nella maggioranza dei grandi dibattiti non sono le soluzioni "di sinistra" ad essere superate da quelle "di destra", ma entrambe a dover fare i conti con nuovi background prepotenti. Hanno ragione i fittavoli oppure i lord terrieri? Nella Birmingham del primo Ottocento questa domanda (che ammette una risposta "di destra" e una "di sinistra") e' gia' tecnologicamente obsoleta.

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Commenti all'articolo (1)

giulio larosa
liberta' di produrre Leggi tutto
5-5-2003 23:16

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