La Corte Europea di Giustizia contro i motori di ricerca

Google e colleghi devono cancellare i link che violano la privacy.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 14-05-2014]

corte giustizia europea google diritto oblio

Ha ribaltato il parere espresso un anno fa dall'Avvocato Generale l'ultima sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea sul diritto all'oblio nel web.

Dando ragione a un cittadino spagnolo, ha infatti riconosciuto i motori di ricerca come Google responsabili dei risultati che pubblicano, e dichiarato che essi possono essere sanzionati se rimandano a siti che violino la privacy individuale.

La vicenda era iniziata quando un cittadino spagnolo aveva scoperto, cercando il proprio nome tramite Google, che esso appariva in due pagine del sito di un giornale, nelle quali egli veniva associato a un pignoramento avvenuto 16 anni prima.

Per questo motivo si era rivolto al Garante spagnolo per la privacy, chiedendo la modifica delle pagine sulla base del tempo trascorso e dell'irrilevanza della presenza del suo nome sul sito del quotidiano.

L'Autorità aveva quindi deciso di non imporre al giornale di modificare il proprio archivio, ma aveva anche imposto a Google di rendere irraggiungibile il nome dell'uomo in questione.

Il motore di ricerca si era rifiutato, sostenendo di essere soltanto un intermediario verso le informazioni presenti in Rete e non direttamente responsabile.

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La vicenda è quindi proseguita sino a giungere alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, che meno di un anno fa per bocca del proprio Avvocato Generale aveva dato ragione a Google.

Ora, invece, la Corte ha deciso che su Google gravano comunque delle responsabilità circa la protezione dei dati dei cittadini dell'Unione.

Per la Corte quindi è legittimo che un cittadino chieda la rimozione di un link da Google verso una pagina web che contenga dati che violino i suoi dati personali sensibili.

Questi potrebbero essere costituiti, per esempio, anche solo da un numero telefonico che una volta era pubblico ma di cui in seguito è stata chiesta la riservatezza.

Per la Corte però si deve tenere conto sempre, oltre che della tutela della privacy, anche dei diritti all'informazione degli utenti di Internet.

Google si è espressa negativamente sulla sentenza ed ha preso tempo per valutare le conseguenze pratiche.

Un portavoce dell'azienda ha dichiarato: «Si tratta di una decisione deludente per i motori di ricerca e per gli editori online in generale. Siamo molto sorpresi che differisca così drasticamente dall'opinione espressa dall'Avvocato Generale e da tutti gli avvertimenti e le conseguenze che lui aveva evidenziato. Adesso abbiamo bisogno di tempo per analizzarne le implicazioni».

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© RIPRODUZIONE RISERVATA

Pier Luigi Tolardo

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