''La pirateria musicale fa bene alle vendite, ma solo per i gruppi emergenti''

Danneggerebbe invece gli artisti famosi.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 31-01-2018]

pirateria musicale

Il dibattito circa gli effetti della pirateria sull'industria musicale è aperto ormai da anni, e una conclusione chiara finora non è stata raggiunta.

Da un lato ci sono quanti affermano che i pirati, scaricando illegalmente brani che altrimenti dovrebbero acquistare, danneggiano gli artisti; dall'altro ci sono coloro che ribattono che la diffusione via Internet dei brani è una forma di pubblicità che finisce per beneficiare le vendite.

Una parola autorevole arriva ora da Jonathan Lee, autore di uno studio frutto di oltre due anni di lavoro e intitolato Purchase, pirate, publicize: Private-network music sharing and market album sales (Compra, pirata, pubblicizza: la condivisione di musica su reti private e le vendite degli album).

Lee si è basato sui dati ottenuti da un tracker BitTorrent privato, che riguardano 250.000 album musicali e oltre 5 milioni di download, e li ha incrociati con quelli relativi alle vendite negli Stati Uniti forniti da Nielsen SoundScan.

I risultati sono molto interessanti, soprattutto in quanto non sono univoci. Infatti, la conclusione è che la pirateria favorisce le vendite degli artisti «di livello medio» (ossia quelli emergenti o comunque non troppo famosi) mentre danneggia quelle dei musicisti di maggior calibro.

Tali effetti si riscontrano sia considerando le vendite di Cd che considerando quelle di brani digitali, ma sono decisamente più pronunciati nel secondo caso: «Ciò» - afferma Lee - «è coerente con l'idea che la gente sia più portata a passare dalla pirateria digitale alle vendite digitali che dalla pirateria digitale ai Cd fisici».

I dati di Lee sono peraltro confermati dalle testimonianze di alcuni degli artisti stessi, come per esempio Ed Sheeran.

Sheeran ha onestamente ammesso che, quando ancora cercava di farsi conoscere, proprio la pirateria musicale l'ha aiutato nel raggiungere la fama: «So che è una cosa brutta da dire, dato che faccio parte di un'industria musicale che non ama il file sharing illegale. Ma è proprio il file sharing illegale che mi ha reso quel che sono. Devo ringraziare gli studenti universitari inglesi che condividevano tra loro le mie canzoni».

Oggi, naturalmente, la posizione di Ed Sheeran è cambiata: il successo internazionale ha fatto sì che oggi sia diventato uno di quegli artisti che sono danneggiati dalla pirateria.

Tutto ciò, in ogni caso, mostra che se si vuol fare il bene dell'industria musicale non esiste un'unica soluzione.

«Una chiusura totale delle reti private di condivisione dei file» - sostiene Lee - «pare essere troppo costosa (considerato il relativamente piccolo impatto sulle vendite) e poco saggia (in quanto sarebbe una politica unica applicata a situazioni diverse). Sarebbe meglio rendere più conveniente la fruizione legale, riducendo l'attrattiva della pirateria quale alternativa all'acquisto».

«Sarebbe inoltre intelligente» - continua lo studioso - «rilasciare la musica sulle reti pirata, soprattutto da parte degli artisti emergenti, in modo simile alle promozioni gratuite fornite dalle radio commerciali».

Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato con Zeus News ti consigliamo di iscriverti alla Newsletter gratuita. Inoltre puoi consigliare l'articolo utilizzando uno dei pulsanti qui sotto, inserire un commento (anche anonimo) o segnalare un refuso.
© RIPRODUZIONE RISERVATA