La Rai e il Web

La Rai non è mai stata così in difficoltà: crisi di ascolti, crisi di idee e di programmi, crisi finanziaria, crisi del gruppo dirigente. Ma Rai.it, il suo portale News, è uno dei più cliccati: la salvezza per la TV pubblica potrà venire dal Web?



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 02-02-2002]

Rai.it è il portale di news italiano più cliccato nell'anno 2001: no, non è la BBC (per ricordare il tormentone di Arbore e Boncompagni), ma per i navigatori italiani, parte ricca, colta, più giovane ed innovativa della società italiana la Rai ha ancora una sua autorevolezza: anche sul Web.

Una buona notizia per la Rai; tuttavia deve essere inquadrata nella situazione generale dell'azienda di Viale Mazzini, che mai prima d'ora ha sofferto di una crisi tanto profonda. Una crisi, innanzitutto, di management, data la situazione di impasse che oggi regna nell'azienda radiotelevisiva pubblica, in attesa del rinnovo del Consiglio d'Amministrazione e del Direttore Generale. Infatti, l'attuale Presidente Roberto Zaccaria e la maggioranza del Consiglio d'Amministrazione Rai sono apertamente contestati dal Governo Berlusconi, che li ritiene parziali e faziosi e ha chiesto più volte le loro dimissioni, tramite il Ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri.

Dall'altra parte i Presidenti delle Camere, Pierferdinando Casini e Marcello Pera, cui spetta il potere istituzionale di nominare il Presidente e il CdA Rai, hanno chiesto a Zaccaria e agli altri Consiglieri di gestire esclusivamente l'ordinaria amministrazione, in attesa che il Parlamento approvi la legge sul conflitto di interessi. Questa riguarda direttamente il settore radiotelevisivo, dal momento che Berlusconi è, contemporanemante, Capo del Governo e proprietario del più importante concorrente della stessa Rai, cioè il Gruppo Mediaset.

Difficilmente il nuovo CdA potrà essere nominato prima di maggio: il Presidente della Camera Casini vorrebbe essere sollevato da tale incombenza, per non perdere la propria posizione super-partes, e sembra improbabili che il suo atteggiamento muti, soprattutto dopo le polemiche recenti sulla Convezione UE, che hanno coinvolto entrambi i Presidenti delle Camere, peraltro alimentate dalla stessa Maggiornaza che li ha espressi.

La crisi della Rai non è solamente politica, con la conseguente paralisi nelle scelte di palinsesto e investimenti: essa è, anche, una crisi finanziaria. Il bilancio chiude in rosso e non è andata in porto, a causa del veto del Governo, la vendita di una quota di RaiWay, la società che possiede gli impianti Rai. Inoltre, la Rai ha rischiato di non potere acquistare i diritti per i Mondiali di calcio in Giappone. La crisi finanziaria è legata al calo degli introiti pubblicitari, a causa della recessione in atto nel settore, nonché al calo degli ascolti, che si protrae dall'estate scorsa e che ha allontano gli inserzionisti. La crisi di audience si accompagna ad una più generale caduta della legittimità "culturale e sociale", prima ancora che politica, della Tv pubblica: si parla di TV-spazzatura, di TV "deficiente", che vuole inseguire a tutti costi l'ascolto, scimmiottando la televisione commerciale con la rinuncia alla produzione di programmi di qualità.

Anche il futuro è incerto: in una intervista alla stampa francese, per la prima volta, Silvio Berlusconi ha accennato alla possibilità che vengano cedute ai privati due reti Rai. Ipotesi, questa, alla quale Berlusconi si era finora detto contrario.

La salvezza potrebbe venire dal Web, ma in quale modo? Il successo della Rai sul Web è, in definitiva, il successo della potente macchina informativa della Rai, che non teme confronti quanto a qualità dei professionisti che la compongono e a spettro di copertura. Tuttavia i navigatori visitano il sito delle News Rai come un surrogato del Tg o dei Gr: manca l'interattività, che è poi lo specifico del Web.

Dal Web, da un'autentica Community Rai, la TV pubblica potrebbe trarre informazioni preziose per riorientare il proprio palinsesto verso quella parte di pubblico, più qualificata e desiderosa di novità, particolarmente ambita dai pubblicitari. Il modello potrebbe essere quello olandese: in Olanda quote importanti della programmazione radiotelevisiva pubblica sono autogestite da associazioni di utenti-cittadini, di diverso orientamento culturale, politico e religioso, che vi partecipano in proporzione al numero di associati, stimato in relazione al numero di abbonati ai notiziari delle associazioni medesime. Nel nostro caso, la base di calcolo, rigorosamente certificata, potrebbe essere rappresentata dagli utenti registrati della Community, che attraverso questa esprimano esigenze, istanze, critiche, proposte.

Un modo per "volare alto" sulle miserie della politica!

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Pier Luigi Tolardo

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