[ZEUS News - www.zeusnews.it - 06-07-2025]
Lo scorso 3 luglio, durante un’audizione presso la Commissione parlamentare per la semplificazione, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione Tecnologica, Alessio Butti, ha confermato ufficialmente l’intenzione del governo italiano di spegnere progressivamente il Sistema Pubblico di Identità Digitale. SPID è attualmente utilizzato da circa 33 milioni di cittadini per accedere ai servizi online della Pubblica Amministrazione. La strategia, annunciata in un contesto di riforme digitali, prevede la transizione verso la Carta d’Identità Elettronica (CIE) come unica identità digitale nazionale, integrata in un'ulteriore evoluzione di IT Wallet.
SPID, introdotto ufficialmente nel 2016, è diventato negli anni un pilastro dell’accesso digitale ai servizi pubblici, come quelli di INPS, Agenzia delle Entrate e Fascicolo Sanitario Elettronico. La sua diffusione è stata spinta da campagne di sensibilizzazione e dall’obbligo di utilizzo per molti servizi, specialmente durante la pandemia, quando l’accesso a bonus e agevolazioni richiedeva credenziali SPID. Tuttavia il sistema non è stato esente da criticità: difficoltà di attivazione per utenti meno esperti, come gli anziani, costi sostenuti da alcuni per l’ottenimento o il rinnovo delle credenziali e vulnerabilità a campagne di phishing, come quella segnalata da AgID a giugno.
Sin dal 2022 il governo Meloni ha espresso la volontà di superare SPID in favore della CIE, considerata più sicura grazie al suo livello di sicurezza di terzo grado, conforme agli standard europei per l’identità digitale. A differenza di SPID, che offre principalmente livelli di sicurezza 1 e 2 (e solo in rari casi il livello 3), la CIE utilizza un chip NFC e un PIN per garantire un’autenticazione più robusta, riducendo il rischio di frodi come il doppio SPID. Inoltre, la CIE è un documento fisico emesso dal Ministero dell’Interno e prodotto dal Poligrafico e Zecca dello Stato: questo la rende uno strumento gestito interamente dallo Stato, a differenza di SPID, affidato a 12 gestori privati. La dipendenza dai privati ha generato tensioni, soprattutto per i costi operativi non adeguatamente coperti: i provider hanno investito milioni di euro in dieci anni, ma i 40 milioni di euro promessi dal governo nel 2023 non sono ancora stati erogati, spingendo alcuni gestori, come InfoCert e Aruba, a introdurre modelli a pagamento.
La transizione verso la CIE sarà graduale: l'intenzione è far coesistere i due sistemi per i prossimi due o tre anni. L’obiettivo, come dicevamo, è integrare la CIE in IT Wallet, portafoglio digitale che riunirà documenti come patente, tessera sanitaria e carta europea della disabilità, accessibili tramite smartphone. Questo progetto, in linea con il Digital Identity Wallet europeo atteso per la fine dell'anno, mira a semplificare l’interazione con la PA e i servizi privati, riducendo la frammentazione attuale tra SPID, CIE e Carta Nazionale dei Servizi (CNS). D'altra parte, la CIE non è esente da complessità: richiede un lettore NFC o uno smartphone compatibile per l’autenticazione e ha un costo di emissione a differenza di SPID, che per molti provider è stato finora gratuito.
La decisione di abbandonare SPID non è priva di controversie. Molti utenti, dopo anni di adattamento a un sistema spesso percepito come obbligatorio, potrebbero trovare difficile accettare un ulteriore cambiamento. In attesa di capire come si evolverà concretamente la vicenda, gli utenti sono invitati a familiarizzare con la CIE e a monitorare gli aggiornamenti ufficiali su spid.gov.it e sui portali dei gestori, preparandosi a un futuro in cui l’identità digitale sarà sempre più centralizzata e legata a un’unica piattaforma statale.
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