Il Parlamento Europeo si oppone al congelamento delle quote di emissioni: avrebbe gravi effetti sull'industria.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 16-04-2013]
Dal 2005, nell'Unione Europea è in vigore il cosiddetto Emissions Trading Systems (ETS).
In base a esso, a ogni azienda o impianto che emette gas serra è imposto un limite massimo all'interno del quale le aziende possono ricevere o comprare delle quote di emissioni che possono scambiarsi tra loro per rientrare nel tetto massimo.
Per restare all'interno dei limiti di emissioni imposti dall'Unione, quindi, chi emette gas serra può decidere di investire in tecnologie pulite o acquistare le quote che gli sono necessarie.
Su pressione di diversi gruppi ambientalisti, la Commissione Europea ha proposto al Parlamento Europeo di congelare quote per un totale 900 milioni di tonnellate di emissioni di CO2, allo scopo di alzare artificialmente i prezzi delle quote stesse (decise finora in base alla legge di mercato) per invogliare a investire in tecnologie "verdi".
Con 334 voti contrari, 315 favorevoli e 63 astenuti il Parlamento ha però respinto la proposta, asserendo che l'aumento del costo delle quote avrebbe finito per affossare l'industria.
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«Se fosse passata questa misura, alla quale mi sono sempre opposto anche in commissione Ambiente, le nostre aziende sarebbero andate incontro ad un aumento del costo delle quote fino al 500% in più rispetto a quello attuale» ha spiegato l'eurodeputato Oreste Rossi.
Le aziende - ha continuato Rossi - avrebbero semplicemente trasferito i propri impianti al di fuori dell'Unione, in Paesi dove l'ETS non esiste, aggravando in tal modo la già pesante situazione della disoccupazione all'interno della UE.
Ovviamente delusa, al contrario, è Greenpeace, che parla di un «fallimento storico» accusando l'attuale sistema di compravendita delle quote di non essere efficace a causa di una «superproduzione di permessi di emissione» che ne vanifica lo scopo originario.
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