Usate app di incontri? Probabilmente il vostro profilo è già stato venduto



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 15-11-2018]

siti incontri vendita dati

Se mai vi siete affidati a un'app di incontri, ci sono buone probabilità che i vostri dati siano già stati rivenduti.

I profili contengono informazioni preziose: insieme ai nomi utente e agli indirizzi e-mail ci sono dati come l'orientamento sessuale, la professione, gli interessi, le caratteristiche fisiche e della personalità e via di seguito, per non parlare delle fotografie.

L'artista Joana Moll ha indagato sul modo in cui tutti questi dati vengono trattati, realizzando un progetto intitolato The Dating Brokers: An autopsy of online love e approfondendo la compravendita delle informazioni.

Ha rilevato innanzitutto che le Condizioni d'uso, che quasi nessuno legge mai, contengono spesso delle speciali «vie di fuga» con le quali le aziende si riservano il diritto di usare in modo improprio le informazioni consegnate dagli utenti.

Accettando tali condizioni, sono gli utenti stessi ad autorizzare quella che a tutti gli effetti è una vendita di dati personali; dato che però questa clausola è persa tra decine di altre clausole meno importanti, nessuno perde tempo a individuarla.

Joana Moll e il suo staff sono riusciti anche, senza troppa difficoltà, a farsi passare per acquirenti interessati e hanno ottenuto dal sito USDate un milione di profili, ricavati da diverse app per incontri, alla modica cifra di 136 euro.

La provenienza di quei profili è molto varia: si va da Match a Tinder, da Plenty of Fish a OKCupid. USDate non ammette esplicitamente di acquistare i dati da queste aziende, ma le elenca come «partner ufficiali».

«I siti di incontri conosciuti commerciano continuamente in profili, al fine di inserire nuovi volti nei propri servizi e così aumentare le probabilità che i loro utenti trovino una corrispondenza (e avere così nuovi iscritti paganti» si legge nel progetto.

Joana Moll rincara poi la dose, ricordando che «È quasi tecnologicamente impossibile cancellarsi da Internet, perché le informazioni si trovano su molti server».

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Con il suo progetto, Moll non intende dare la colpa ai singoli individui che adoperano i vari servizi di appuntamento quanto piuttosto renderli coscienti di come le loro informazioni vengono trattate: dietro la facciata c'è un intero sistema economico, che riguarda ogni aspetto di ciò che facciamo online.

È come - sostiene l'artista - se ogni utente quotidianamente lavorasse gratis per quelle aziende che poi ricavano denaro dalla vendita della privacy degli utenti stessi.

Se non si evita di entrare in questo circolo vizioso, riuscire a uscirne è poi molto complicato: «Si può combattere» - spiega - «ma se non si sa come né contro chi, è difficile farlo».

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© RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenti all'articolo (4)

Assai evidente direi... :?
20-11-2018 18:58

'nessuno dice niente' - beh, c'è ancora chi ragiona con la propria testa e sceglie di non acquistare certi prodotti / di non utilizzare certi servizi poi che non siano la maggioranza, purtroppo è evidente :?
20-11-2018 09:38

mi stupisce la necessità di un articolo del genere ma mi rendo conto che effettivamente molto navigatori non lo sanno. usano internet come se fosse la il proprio diario o la bacheca del palazzo, della parrocchia o dell'università... a me fa più arrabbiare che questi macinano miliardi di euro pagando pochissime tasse, che si rompa le... Leggi tutto
20-11-2018 07:02

L'utente o il cliente è sempre di più un limone da spremere fino all'ultima goccia di succo per poi buttarlo e passare oltre. :incupito: In ogni caso la cosa non stupisce affatto e questa indagine ritengo sia solo la prova provata di una cosa che era comunque già ovvia.
18-11-2018 11:36

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