Facebook respinge le accuse: ''No, non è l'utente il nostro prodotto''



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 26-04-2018]

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Il vecchio adagio con il quale tutti, prima o poi, vengono messi in guardia da chi offre loro qualcosa di gratuito recita: «Se non devi pagare per averlo, vuol dire che il prodotto sei tu».

Da quando Facebook è finito sulla graticola per la vicenda di Cambridge Analytica, quella frase viene ripetuta un giorno sì e l'altro pure, tanto che ormai i dirigenti del social network sembrano averne le tasche piene.

In un post sul blog ufficiale il vicepresidente che si occupa della pubblicità su Facebook, Rob Goldman, ha deciso di affrontare pubblicamente una «domanda difficile»: «Se non pago per accedere a Facebook, il prodotto sono io?».

«No» spiega Goldman. «Il nostro prodotto sono i social media - la capacità di connetterti con le persone che per te contano, dovunque si trovino nel mondo. È la stessa cosa che accade con un motore di ricerca, un sito o un giornale gratuito. Il prodotto principale è la lettura delle notizie, o il ritrovamento delle informazioni; le pubblicità esistono per finanziare quella esperienza». L'articolo continua qui sotto.

Per offrire i banner pubblicitari, Facebook analizza le attività degli utenti ma - e questa è la parte che interessa sottolineare a Goldman - agli inserzionisti vengono fornite soltanto informazioni generali ai fini di organizzare le campagne pubblicitarie: dati demografici, il numero delle persone che ha cliccato su certe pubblicità, il tempo trascorso a visualizzare certi contenuti, la maggiore o minore popolarità di un dato banner sugli smartphone o sui Pc, e via di seguito. Non è possibile in base a questi dati identificare un singolo utente.

Tutto ciò è, in sé, vero. Tuttavia, come ha fatto notare l'analista di GBH Insights Daniel Ives, sebbene il prodotto principale di Facebook siano i social media, non sono questi ad aver trasformato l'idea di Mark Zuckerberg in un affare da miliardi di dollari.

«Il loro prodotto è costituito dai social media, ma la loro capacità di trarre guadagni deriva dalla pubblicità» sintetizza Ives.

Il fatto che la raccolta di dati - e la consegna delle informazioni agli inserzionisti - non riguardi i singoli ma vastissimi gruppi di utenti non cambia il fatto che è proprio tramite questa profilazione che Facebook sopravvive e prospera.

D'altra parte, è anche vero che se tutto funziona come dovrebbe i dati sono raccolti in modo tale da non intaccare la privacy dei singoli.

Il guaio accade quando i controlli sono poco attenti (per dolo o per errore) e nelle mani di alcune società finiscono dati privati e importanti, come per l'appunto nel caso di Cambridge Analytica: Facebook ha la possibilità di mettere le mani su un'infinità di informazioni relative a ciascuno degli utenti - i quali peraltro le forniscono di propria spontanea volontà - e tutto ciò regala un potere immenso a chi può disporne a proprio piacimento.

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