Studio: i videogame e la videosorveglianza abbattono la delinquenza giovanile

Ma emergono nuove forme di criminalità digitale.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 12-06-2018]

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Negli ultimi anni, il tasso di criminalità giovanile nel Nuovo Galles del Sud (lo Stato dell'Australia in cui si trova Sydney) è precipitato e, secondo alcuni ricercatori, il merito del calo è anche dei videogiochi e della videosorveglianza.

L'Istituto Australiano di Criminologia ha infatto condotto uno studio, intitolato Dove sono finiti tutti i giovani criminali? L'esame dei cambiamenti nei reati tra due generazioni nel Nuovo Galles del Sud, in base al quale le modifiche occorse nella società hanno avuto una ricaduta, benefica e pesante, sul tasso di criminalità.

Gli autori della ricerca hanno messo a confronto i reati commessi dai nati nel 1984 e dai nati nel 1994.

Ebbene, è emerso che per questi ultimi, la parte di popolazione che aveva avuto a che fare con il sistema giudiziario entro i 21 anni era inferiore del 49% (quindi praticamente dimezzata) rispetto a quella dei nati dieci anni prima. Similmente, i furti di veicoli erano inferiori dal 59%, così come i furti di altre proprietà, mentre la guida in stato di ebbrezza era calata del 49%.

I ricercatori ritengono che la causa di questo cambiamento stia nella tecnologia, che rende più consapevoli i giovani delle conseguenze dei loro comportamenti.

Quanti sono nati più di recente, infatti, si aspettano di vivere in un mondo sottoposto a una videosorveglianza costante: sanno che è molto probabile che, qualora decidano di commettere un reato, vengano colti sul fatto da qualche apparato e videoregistrati. Così decidono che il rischio è troppo elevato, e abbandonano l'idea.

La tecnologia avrebbe poi un altro merito: aumentando la sicurezza (per esempio migliorando i dispositivi antifurto delle auto) renderebbe semplicemente più difficile darsi al piccolo crimine.

C'è poi un altro aspetto che gli studiosi ritengono importante: la variazione occorsa nelle abitudini giornaliere di adolescenti e giovani.

«Non c'è dubbio» - affermano - «che le attività quotidiane dei giovani siano cambiate: passano meno tempo senza supervisione, quando la possibilità di commettere un reato potrebbe apparire attraente, come per esempio passando il tempo per le strade con un gruppo di pari dalla mentalità simile».

«Le accresciute possibilità di intrattenimento domestico attraverso Internet possono aver aumentato la prevalenza dell'interazione virtuale che limita o impedisce la realizzazione di forme tradizionali di criminalità» spiegano.

Insomma: passando tanto tempo con i videogiochi, ai giovani non ne resta per compiere atti contrari alla legge, che si tratti di vandalismo, di piccoli furti o di qualunque altro reato.

Tuttavia, i ricercatori notano che tutto ciò apre la porta a nuovi tipi di criminalità, meno facilmente individuabili.

«Mentre entriamo nell'era digitale, i nativi dei social media e dei social network potrebbero darsi all'esplorazione dei comportamenti antisociali e criminali online, fenomeno che allo stato attuale attira un'attenzione molto inferiore da parte dei genitori e delle autorità».

Perciò, magari i giovani si intrattengono tanto oggi quanto in passato in comportamenti a rischio, ma le loro attività sono molto meno considerate.

D'altra parte, lo studio si conclude con una nota ottimistica: non venendo esposti alla criminalità spicciola - come invece capitava alle generazioni passate che trascorrevano molto tempo per le strade, senza supervisione - i giovani di oggi tendono a non prenderla nemmeno in considerazione.

Né il passaggio dei comportamenti negativi dal reale al virtuale può essere del tutto un male.

«Tale spostamento non deve necessariamente produrre effetti negativi. Per esempio, se i comportamenti antisociali commessi online - tipicamente una volta sola e limitatamente all'età adolescenziale - hanno sostituito forme più serie di criminalità giovanile, tutto ciò può essere preferibile ai reati commessi tradizionalmente».

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