Il disegno di legge sul conflitto di interessi è stato, tra mille polemiche, approvato dal Senato e passa alla Camera. Sono note le polemiche durissime tra le forze politiche: il Governo lo sostiene una soluzione adeguata per evitare il conflitto di interessi tra la gestione di imprese e le funzioni di governo, per l'opposizione non lo è affatto. La legge assegnerebbe il controllo degli atti di governo, per valutare se favoriscono o meno un eventuale proprietario-componente del Governo, nel caso delle imprese multimediali all'Autority che, intanto, verrebbe, però svuotata di ogni altro potere.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 06-07-2002]
Il Senato ha approvato, al termine di una tumultuosa seduta, il disegno di legge governativo sul cosidetto conflitto di interessi tra proprietà delle imprese e funzioni di governo, che è al centro dello scontro maggioranza-opposizione.
Tutti conoscono i termini delle divergenze politiche sul tema: per la maggioranza l'incompatibilità può essere solo tra gestione delle imprese, anche multimediali, e funzioni di governo, ma non può riguardare la proprietà e le sanzioni sono di carattere etico-politico. Per l'opposizione la legge, cosi come è stata scritta dal Governo Berlusconi, non è sufficiente ed adeguata a prevenire un conflitto di interessi che parte dalla proprietà.
La legge affida il ruolo di verificare e informare il Parlamento su eventuali favoritismi del Governo ad imprese del settore della comunicazione, di proprietà di componenti del Governo, all'Autority per le Comunicazioni. Questo potrebbe essere un punto qualificante e condiviso anche da chi contesta la legge: l'Autority è un organismo di controllo tecnico, la sua composizione prevede la presenza di componenti designati dall'opposizione parlamentare.
Già il Ministro Gasparri lo aveva anticipato all'inizio del suo mandato: i poteri di indirizzo e regolamentazione del mercato delle telecomunicazioni dovrebbero tornare al Ministero delle Comunicazioni. Non si capisce come il Ministero potrebbe esercitarli: l'Autority, con fatica, si è dotata di una struttura organizzativa e di risorse umane per monitorare e supportare i commissari nell'opera di regolamentazione mentre il Ministero oltre ad essere un organismo meno agile e più burocratico non possiede una struttura del genere. Dobbiamo ricordare che, fino alla nascita dell'Autority, il Ministero delle Comunicazioni non era altro che la gestione politica delle Poste, che erano un pezzo dello Stato e non una Spa come ora.
Il potere di controllare tariffe e servizi, di regolamentare i mercati, è un potere che il Governo vuole recuperare per sè, per l'indubbio valore che ha sulle imprese e sui consumatori ma, proprio per questo, sarebbe meglio lasciarlo ad un organismo che per composizione e mandato si sforzi di essere più distaccato dalle convenienze politiche.
In questo caso sarebbe ancora più inopportuno svuotare l'Autority: da una parte con la legge, imperfetta o meno, Berlusconi e la sua maggioranza, riconoscono che esiste un problema da regolamentare e dall'altra si vanno a mettere in un ginepraio di contestazioni, attribuendo ad un Ministro del Governo Berlusconi poteri di intervento nel settore multimediale.
La stessa ipotesi di svuotamento oltretutto rischia di indebolire e di delegittimare l'attuale Autority che, invece, sia pure con limiti e carenze, sta svolgendo un'azione positiva a favore dei consumatori e dei loro diritti.
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