Per i fondatori del famoso tracker sarebbe stato il posto perfetto per diventare imprendibili e far arrabbiare gli USA.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 18-02-2014]
Nel corso degli anni, i server di The Pirate Bay hanno viaggiato parecchio nel mondo, nel tentativo di sfuggire alla censura.
Di tanto in tanto, gli amministratori fanno sapere che hanno intenzione di spostarsi in Corea del Nord per sfuggire definitivamente alle leggi sul copyright e alle major di Hollywood, ma si tratta soltanto di scherzi e "pesci d'aprile".
C'è stato un tempo, tuttavia, in cui l'opzione di far ospitare i server della Baia su suolo nordcoreano è stata presa seriamente in considerazione, tanto che si è arrivati a un passo dal concludere l'accordo.
La vicenda risale agli inizi dell'avventura di The Pirate Bay, quando il sito - per usare le parole di uno dei fondatori, Tobias Andersson - «era ancora giovane e impertinente»: si tratta del 2004 o del 2005.
«Allora non avevamo bisogno del folle quantitativo di banda che sarebbe stato necessario in seguito» ricorda Andersson, affermando che al tempo gli amministratori della Baia conoscevano un dipendente dell'ambasciata nordcoreana in Svezia.
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Da lì nacque l'idea: perché non chiedergli di ospitare i server all'interno dell'ambasciata, e dunque su suolo straniero e al riparo da ogni raid della polizia?
L'idea piacque, anche perché era «un'opportunità che avrebbe certamente dato fastidio al governo degli USA».
I dipendenti dell'ambasciata non erano pagati ma ricevevano soltanto quello che serviva per le necessità di base: così, in cambio di una piccola somma utile per "arrotondare", avrebbero volentieri accettato di ospitare qualche server.
C'era tuttavia qualche resistenza nelle file degli amministratori: i fondatori non volevano essere associati con uno dei regimi più repressivi al mondo. Eppure «non riuscivamo a resistere all'epicità di poter alzare il dito medio verso Hollywood» spiega Andersson.
Così i contatti andarono avanti via email per un po', quando all'improvviso i messaggi iniziarono a essere rifiutati, senza una spiegazione né un apparente motivo.
«Scoprimmo più tardi che il nostro contatto era stato rispedito in Corea del Nord. Non sappiamo se sia successo a causa nostra o se sia normale per loro. Ma è lì che è finita ogni vera cooperazione con la Corea del Nord. Tutto il resto, ciò che è venuto dopo, è solo pesci d'aprile e trolling».
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