Una inchiesta approfondita svela cause e retroscena delle esagerazioni che giustificherebbero la lotta a oltranza contro la pirateria informatica.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 13-10-2008]
Ars Tecnica ha recentemente pubblicato uno studio approfondito in relazione ai danni presunti che sarebbero procurati annualmente dalla pirateria informatica; danni che riguarderebbero non soltanto i mancati utili degli aventi diritto ma anche e soprattutto l'economia in genere, dalla perdita di posti di lavoro al disinteresse a investire nel settore software.
Non è la prima volta che privati e istituzioni, soprattutto americane ed europee, sbandierano cifre da capogiro; da dove venissero desunte tali cifre non era dato sapere, salvo che ogni richiesta in merito veniva accolta invariabilmente da frasi del tipo: "L'ha detto il tale", "E' vero perché anche il tal'altro lo conferma".
Al contrario, persino i numeri esposti al Congresso USA sarebbero del tutto fantasiosi e scollegati da qualsiasi dato reale; si è parlato infatti di "perdite monetarie nei soli Stati Uniti di 250 miliardi di dollari annui" e di 750.000 posti di lavoro persi o non assegnati.
Soltanto che, a usare sempre e soltanto il bastone scordandosi della carota, alla fine qualcuno ha voluto vederci chiaro. Anche perché le cifre riportate erano e sono palesemente erronee.
Infatti, come fa notare un po' umoristicamente Ars Tecnica, 750 mila persone rappresentano circa l'8% dei disoccupati totali negli Stati Uniti, mentre i "250.000.000.000 dollari" sarebbero persino superiori al giro d'affari globale dell'intera industria del software e dell'intrattenimento nel 2005.
Manco a dirlo, l'Europa economica non vuole apparire terzomondista e rapporta le cifre presunte al modello di sviluppo americano; così l'Organisation de coopération et de développement économiques (OCDE) stima in (soli) 200 miliardi di dollari annui i costi della pirateria, mentre addirittura l'ONU calcola in 100.000 i posti di lavoro persi o non assegnati per lo stesso motivo.
Ed ecco come le bugie sarebbero nate e si sarebbero rafforzate nel tempo appoggiandosi le une alle altre, a iniziare appunto dai 750 mila posti di lavoro persi.
La fonte parrebbero essere le Dogane, anche se il dato è tutt'altro che confermato; derivato, stando ai pochi elementi raccolti, da un dato "stimato" dalla Polizia di frontiera (che è specializzata nella lotta all'immigrazione clandestina). Ma la Polizia di frontiera, contattata, ha negato l'esattezza del dato, presentandolo come frutto di errore o fraintendimento, anche perché l'elaborazione dei dati stimati "avrebbe dovuto essere effettuata da specialisti del settore" economico interno.
Svanita la pista doganale, Ars Tecnica si è messa a frugare negli archivi dei giornali per giungere alla fonte degli inafferrabili 750 mila. La fonte è alla fine riferibile in qualche modo a Malcom Baldridge, già ministro del commercio ai tempi di Reagan (siamo negli anni '80!), che pare si fosse espresso su una stima variabile "tra 130 mila e 750 mila".
Peccato che nei successivi passaggi la variabile sia stata soppressa e la cifra sia invece rimasta attestata nella sua massima espressione; anche perché nel frattempo Malcom Baldridge passò a miglior vita e nessuno pensò bene di correggerlo o smentirlo.
L'inchiesta induce ad alcune riflessioni di fondo. A un'inesattezza - che ha retto più di vent'anni - si sono allungate le gambe; avendo raggiunta la maggiore età, potrebbe essere degna di fiducia, ma soltanto da parte di coloro che non sono tecnici.
Quanto alle major, esse ben conoscono i dati reali, che riportano un dato apodittico, consolidato ancorché stimato, al ruolo e dimensioni che gli sono propri, e cioè di bugia. Come insegnano i canoni di teologia morale, si può mentire anche per soppressione.
Con tutto ciò, non vogliamo giustificare l'illecito, che va scoperto e perseguito; ma al fine di aver chiaro per tutti l'impatto sociale di un illecito sanzionato in un modo che viene percepito come esageratamente repressivo, occorrerebbero seri studi di settore. Peccato che un'analisi equa e sufficientemente approfondita dovrebbe andare a scavare dove nessuno pare abbia voglia di mettere le mani.
Sarebbe anche socialmente utile riportare a tassazione i diritti di autore vantati nel tempo dagli eredi degli eredi degli eredi, che tutti immaginano regolarmente versati dalle varie agenzie governative di controllo e riscossione, ma probabilmente mai comparsi in denunzia di successione presentata da nipoti, collaterali e affini.
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