Server web sempre più presi di mira, soprattutto in Europa.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 28-07-2014]
È preoccupante lo scenario delineato dal rapporto di Prolexic/Akamai sugli attacchi DDoS nel secondo trimestre del 2014.
Se già nel primo trimestre la frequenza di questo tipo di attacchi aveva raggiunto livelli da record, ora vediamo che l'emergenza è lungi dal passare.
DDoS sta per Distributed Denial of Service, Negazione Distribuita del Servizio: utilizzando una botnet, gli autori dell'attacco bombardano i server bersaglio di richieste fino a esaurirne le risorse; come risultato, diventa impossibile per i server fornire i propri servizi.
Dal punto di vista dell'utente comune, ciò si traduce per lo più nella seccatura di non poter accedere al proprio sito preferito; dal punto di vista delle aziende, ciò si traduce in sostanziose perdite economiche.
Forrester Research ha calcolato che un attacco, a seconda del bersaglio colpito, può causare danni che variano da 1.000 a 100.000 dollari l'ora.
Gli autori degli attacchi sono mossi da motivazioni diverse: c'è chi lo fa per ragione politiche, prendendo di mira siti istituzionali o di aziende, e chi invece vuole semplicemente ricattare il proprio bersaglio, impedendogli di lavorare finché non avrà versato una ingente somma.
Già dal primo trimestre di quest'anno l'Europa è diventata un bersaglio appetitoso; gli attacchi DDoS nel Vecchio Continente sono cresciuti del 50% rispetto al trimestre precedente, in controtendenza con il resto del mondo dove sono calati.
Sebbene gli attacchi basati su botnet di computer client siano ancora frequenti, Akamai rileva come a essere adoperati siano sempre più botnet di server infetti: versioni obsolete e fallate dei software facilitano il lavoro agli hacker.
Non si tratta soltanto di sistemi operativi o software non aggiornati (Windows, Linux, Apache, PHP, IIS e via di seguito) ma anche di CMS e plugin cui non viene fatta la giusta manutenzione: il web è pieno, per esempio, di versioni di Joomla o Wordpress che avrebbero bisogno delle attenzioni di un amministratore.
Tutto ciò, unito al fatto che affittare una grande botnet costa appena 100 dollari l'ora - secondo quanto sostiene Forrester Research - e che i toolkit sviluppati apposta per lanciare DDoS stanno conoscendo una grande diffusione spiega perché le previsioni per il futuro non siano troppo ottimistiche.
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Anzi, l'uso sempre più ampio di servizi di cloud computing non adeguatamente protette potrebbe complicare ancora di più il panorama: infettare un computer che ha accesso a un'infrastruttura cloud significa poter disporre delle risorse di quest'ultima per portare gli attacchi.
Non è un caso, dopotutto, che già nello scorso trimestre quasi la metà degli attacchi DDoS non sia stato diretto contro aziende, ma contro infrastrutture IT appartenenti a fornitori di servizi PaaS e SaaS: «Gli autori degli attacchi sono in grado di adoperare questi servizi per "riflettere" gli attacchi e aumentare la forza delle botnet tradizionali dal 100 al 400 per cento» spiega Jay Coley, di Akamai.
Le mosse da fare per proteggersi sono in parte ovvie e in parte nuove o, quantomeno, finora poco considerate.
Da un lato, infatti, c'è il costante aggiornamento dei software con la pronta applicazione delle patch di sicurezza; dall'altro, occorre considerare la possibilità di affidarsi a quelle aziende che offrono servizi di DDoS mitigation (come consiglia "casualmente" Akamai) mirati a ridurre le conseguenze degli attacchi.
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