Gli scienziati stimano che a livello evoluzionistico la salamandra appartenga alla specie dei vertebrati che per prima abbandonò le acque per adattarsi all'habitat terricolo; la lampreda invece è un pesce che ha mancato il treno dell'evoluzione e si sposta ondulando il corpo come i serpenti. "Sì, ma che c'entra?" si chiederà qualcuno.

Il fatto è che tecniche sperimentali hanno dimostrato che ambedue i tipi di movimento dipendono soltanto da un variare dell'intensità elettrica a livello neurologico e che la salamandra, avendo conservato una parte ancestrale del midollo spinale è in grado di compiere ambedue i movimenti: serpeggiare e deambulare usando le zampe. Da qui la decisione di trasferire gli studi anatomici su di un modello concreto e funzionante: un robot, insomma. Almeno per ora.

La salamandra robotizzata consiste in sette segmenti articolati e quattro zampe ruotanti, i muscoli sono sostituiti da una decina di motorini elettrici e l'insieme - che risulta lungo poco più di 80 cm - è stato studiato per adattarsi all'acqua come una vera salamandra; il tutto ovviamente è comandato da un computer, programmato ad hoc per simulare la presenza di una rete neuronale.

Dalla simulazione all'applicazione su scala naturale il passo è breve: stimolando elettricamente le opportune zone neuronali, anche l'anfibio vivente reagisce come il modello robotizzato e cioè con movimenti serpentini che si arrestano, all'aumentare dell'intensità della stimolazione nella stessa zona, per dare spazio ai movimenti deambulatori delle zampe.

"La prossima tappa consisterà nell'impiantare una risposta sensoriale nel robot" confida Jean-Marie Cabelguen, ricercatore nel gruppo di studio franco-svizzero che conduce gli esperimenti. "Attualmente reagisce a seconda degli stimoli inviatigli dal computer, ma non ha la percezione dell'ambiente in cui si trova. Dovremo dapprima equipaggiarlo con sensori di pressione e di umidità, poi gli daremo anche la vista mediante una piccola telecamera".