La politica ha affidato all'Autorità poteri di cui non dispongono nemmeno i magistrati: potrà bloccare i contenuti "scomodi" senza alcun controllo esterno.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 09-02-2010]
La Commissione Lavori pubblici e Comunicazioni del Senato ha espresso parere favorevole allo schema di decreto legislativo proposto da Paolo Romani, che dovrebbe accogliere le direttive europee sui servizi audiovisivi e Internet. Peccato che, riguardo a quest'ultimo ambito, la normativa italiana proposta sia una vera garrota, peggiore dell'Hadopi2.
"Non ci sarà nessuna censura e nessun controllo preventivo su Internet" assicura il relatore Alessio Butti di fronte ai dubbi recentemente espressi da dal presidente dell'AGCOM, Corrado Calabrò; "La Rete è e resterà libera, senza controlli preventivi" - ha ribadito - salvo a chiarire che, se i contenuti fossero "discutibili", l'intervento sarebbe comunque compito dell'Authority.
Tuttavia sembra che le cose in pratica saranno un po' diverse, anche se fosse mantenuta la promessa di eliminare sia controlli preventivi sul Web ("servirà solo una dichiarazione di inizio attività, il controllo sui contenuti sarà solo successivo ed effettuato dall'Agcom") che l'obbligo di rettifica per quanto si pubblica in Rete.
Ovviamente non c'è norma senza sanzione e difatti l'Agcom, se il provider o il distributore non ottemperassero all'ordine di "adottare ogni misura necessaria a inibire la trasmissione di tali programmi", potrà imporre il pagamento di una sanzione sino ad un massimo di 150.000 euro.
Checché ne dica l'esimio Relatore, tale sanzione è contemplata nello schema del Decreto "anche" per la violazione della disciplina inerente l'obbligo di rettifica relativo alle pubblicazioni online nonché - anche se tutti fanno finta di nulla - "alle violazioni dei diritti alla persona e in materia di diritto d'autore".
Poteri, questi, che sono più ampi e di effetto immediato rispetto a quelli a disposizione di un qualsiasi magistrato togato; poteri che comportano l'immediato oscuramento di una qualsiasi notizia se appena si invochi il (per altro sacrosanto) diritto alla privacy, senza che sussista l'obbligo di sentire "tutte" le persone interessare prima di assumere una qualsiasi decisione.
La mancanza di un preventivo controllo giurisdizionale va infatti a violare il principio della presunzione d'innocenza e quello a un equo processo, che sono diritti costituzionalmente garantiti; ma la manovra del Governo, volta ad aggirare i principi costituzionali a vantaggio dei soliti noti, non si ferma certo qui.
Infatti l'Authority si vede attribuire (articolo 6, comma 3) disciplina e controllo del diritto d'autore in materia non solo di audiovisivi in senso stretto, ma anche in genere su tutto quanto si esprime nel mondo diversificato della comunicazione.
Il bel risultato è che, in virtù della delega in bianco ricevuta dai politici (sia di destra che di sinistra), l'Agcom, con un semplice atto amministrativo interno - per esempio una circolare che, nei paesi civili, avrebbe valore soltanto verso i dipendenti uffici - potrà stabilire chi, e che cosa, si potrà irradiare e/o trasmettere, anche nella grande Rete.
Potrà decidere che cosa debba essere distribuito e che cosa no; potrà persino stabilire che cosa debba essere cancellato senza ulteriore avviso a semplice istanza di chi si dica interessato, salve restando le eventuali ricadute civilistiche in sede di liquidazione del danno.
Anche volendo sorvolare sui contrasti con quanto affermato in sede europea nel cosiddetto "pacchetto Telecom", restano i dubbi su se, e quanto, un'Authority amministrativa possa essere indipendente dalla politica e, in pratica, non soggetta alle "tirate di giacca" di questo e di quello.
E tutto ciò accade proprio mentre la Magistratura sta per esprimersi sull'ordine ricevuto da un provider di cancellare i contenuti valutati "offensivi" e i dati definiti "personali" dal querelante, o comunque inibirne l'accesso.
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