Le condizioni tecniche per sviluppare la banda larga mobile ci sono. L'Italia potrebbe partire avvantaggiata, se non fosse che...
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 14-06-2010]
È di qualche giorno fa la notizia che la Global Suppliers Association (o GSA, associazione che promuove gli standard di telefonia mobile GSM, 3G, WCDMA, HSPA e LTE) ha pubblicato il recente rapporto Evolution to LTE sul passaggio alle ultime tecnologie di comunicazione in mobilità, nel quale rivela che vi sono 110 operatori di 48 Paesi che stanno investendo nella creazione di reti LTE.
LTE, acronimo di Long Term Evolution, è la più recente evoluzione degli standard di telefonia mobile GSM/UMTS ed è chiamata anche Super 3G.
Long Term Evolution si propone quale nuova generazione dei sistemi di accesso mobile a banda larga, ponendosi in una posizione intermedia fra gli attuali standard 3G - come l'UMTS - e quelli di quarta generazione (4G) ancora in fase di sviluppo.
Fatta questa premessa, leggendo il rapporto scopriamo con sorpresa che nella lista dei Paesi interessati a questo tipo di tecnologia vi è anche l'Italia la quale, grazie alle timide sperimentazioni che Vodafone e Tim stanno conducendo, si pone tra gli Stati tecnologicamente all'avanguardia.
Il rapporto pubblicato da GSA mostra che 22 reti LTE entreranno in funzione quest'anno ed entro il 2012 il loro numero crescerà fino a 45. Svezia e Norvegia sono gli Stati che hanno aperto la strada, inaugurando le prime reti pubbliche aperte al servizio commerciale lo scorso dicembre.
Altri 30 progetti - attualmente nella fase pilota o di "prova sul campo" - vengono svolti in 15 Paesi.
Non vogliamo ora entrare nel merito della discussione sull'opportunità di investire in una tecnologia piuttosto che in un'altra; tuttavia appare paradossale come - essendo l'Italia il Paese con la maggior diffusione di apparati portatili per densità di abitanti - la nostra nazione non conduca la classifica di interesse per queste tecnologie.
La spiegazione di questo fenomeno sta nella scarsa consapevolezza, da parte del consumatore, delle potenzialità che apparati come gli smartphone offrono agli utenti.
Difficilmente, percorrendo la nostra penisola, si incontreranno utenti coscienti di avere in mano veri e propri gioielli tecnologici; piuttosto si troveranno persone che fanno della tecnologia uno status. La filosofia che d'altronde impera è quella che impone di possedere l'ultimo grido tecnologico per esporlo in società; se poi non si sa che cosa sia, poco male.
Diventa difficile, con queste premesse, pensare che le attuali aziende di comunicazione mobile investano ingenti risorse senza che vi sia una spinta dal basso.
All'ignoranza tecnologica che purtroppo dobbiamo riscontrare nel nostro Paese si aggiungono altri elementi negativi che "fanno da freno" allo sviluppo, quali un legislatore perennemente indeciso e un'Autorità Garante della Comunicazione che non osa esprimersi a viva voce.
Tuttavia è utopico pensare che chi la tecnologia non la usa ma ne è vittima possa intercedere per nostro conto. Se non vi è quindi una spinta al cambiamento che parta dal basso difficilmente vi saranno investitori disposti a rischiare in nuove promettenti ma non sicure tecnologie.
È un dato di fatto constatare come, proseguendo su questa strada e pur partendo dalla posizione attuale che ne fa una sorta di "Paese guida" per quanto riguarda la telefonia cellulare, l'Italia possa vedere nel proprio futuro soltanto un ruolo da inseguitrice.
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