Sta per essere attuata una ristrutturazione organizzativa basata sull'accentramento delle responsabilità che la allontana ancora di più dai propri clienti.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 09-02-2004]
Negli anni '80 l'allora Sip, società che gestiva in monopolio il servizio telefonico, sentì il bisogno di riformare la sua struttura organizzativa fino a quel momento troppo burocratica e di organizzarla in 5 grandi divisioni territoriali. Tali divisioni territoriali corrispondevano alle vecchie società telefoniche, le "5 sorelle", concessionarie del servizio telefonico, poi assorbite in Sip.
Le divisioni, corrispondevano a Piemonte e Lombardia (la Prima Zona), al Triveneto, all'Italia centrale con il Lazio, al Sud e alla Sicilia. Era una struttura poco adatta al decentramento (decentramento che le stesse strutture amministrative dello Stato stavano attuando tramite le regioni, per essere più vicine ai cittadini), un decentramento che poi sarebbe sfociato nella richiesta di più federalismo o, comunque, maggiore autonomia.
Comunque il fulcro dell'attività di esercizio della Rete, di assistenza e manutenzione degli impianti, delle relazioni commeriali e amministrative con i clienti era l'agenzia, che corrispondeva grosso modo al territorio di una Provincia.
Con la riforma organizzativa del 1982 vennero create delle unità regionali che gestirono con larga autonomia le proprie risorse umane e tecnologiche per attuare il Piano Europa.
Si trattava del grande balzo con cui la Sip è riuscita a trasformare tutte le sue centrali elettromeccaniche in centrali elettroniche, con cui ha introdotto la trasmissione dati su larga scala con l'Itapac e ha colmato il gap della diffusione della telefonia di base in Italia, che è passato rapidamente dal 36% (più del 50% al Nord) della popolazione agli attuali 26 milioni di abbonati e infine, è approdata alla telefonia mobile.
Senza una struttura snella, molto vicina al territorio come quella fatta dalle Agenzie e dalle Regioni non si sarebbero raggiunti notevoli risultati, anche se, ovviamente, con limiti e carenze.
Ora in questi anni, dopo la nascita di Telecom Italia nel 1994, che cos'è successo? Sono state soppresse le Agenzie provinciali; moltissimi centri sul territorio sia di contatto con il pubblico che di assistenza tecnica sono stati chiusi; in molte provincie dell'Italia minore (che è la stragrande maggioranza del territorio) Telecom è sparita, sono rimasti pochi e sparuti gruppi.
Il risultato è che Telecom Italia è sempre più irragiungibile ed inaccessibile ai clienti: rimangono solo i canali telefonici offerti dai call center, la rete dei negozi affiliati (che, però, svolge quasi esclusivamente un' attività di vendita), e i poli di responsabilità per le customer operations, cioè per l'assistenza alla clientela; di questi ultimi ne sono rimasti solo 8.
Ora Telecom Italia vuole ridurli ulteriormente a 4: con la conseguenza che i rapporti con i clienti, le associazioni dei consumatori, le istituzioni locali diventeranno ancora più rarefatti, episodici, difficili se non impossibili.
Questo tipo di strategia, apparentemente vuole ridurre i costi, flessibilizzare il tutto, ma, in realtà, allontana Telecom italia dal mercato e dalle sue esigenze diversificate anche su base territoriale in un'Italia lunga e larga, ricca di localismi e specificità.
La riorganizzazione avvantaggerà quei gestori alternativi a Telecom Italia con forte connotazione locale come NoiCom in Piemonte e Lombardia, o Elitel in Lazio, o Tiscali in Sardegna, che stanno sferrando una forte concorrenza sul traffico mentre Telecom Italia, grazie all'Adsl, si sta creando una posizione semimonopolistica per Internet.
In pratica, questa ennesima ristrutturazione organizzativa è una vera controriforma: un salto all'indietro di 20 anni, dalla Telecom Italia alla vecchia Sip.
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