Abbandonata la tradizionale "letterina" per chiedere i doni e lasciata in rimessa la tradizionale slitta per le consegna, i doni adesso si chiedono e si consegnano tramite Internet, possibilmente tramite il PC aziendale; ma BSA non è d'accordo.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 17-12-2007]
Secondo la Business Software Alliance emergerebbe da una ricerca affidata alla Research & Technology Strategies che circa un terzo dei dipendenti italiani - del resto in linea con i colleghi dell'Unione Europea - si affiderebbe ai server aziendali per effettuare gli acquisti natalizi online, oltre che per prenotare vacanze, chattare e corrispondere tramite email e via dicendo.
La circostanza che la percentuale, sempre secondo la BSA, sia anche maggiore negli States non stupisce affatto, dato il digital divide che ci separa; sorprende invece che il dato globale emerso dalla ricerca formi oggetto di notizia in sé, snobbando o volutamente abbandonando le premesse e le conclusioni della ricerca.
Di queste ultime in verità non ci sarebbe nolto da dire, se non puntualizzando ancora una volta l'insufficienza delle policy aziendali e della ancor maggiore scarsa divulgazione ai collaboratori, spesso lasciati nell'incertezza circa la normativa interna e legislativa; salvo poi a ricorrere ad avvocati e magistrati per comminare castighi esemplari al dipendente scomodo o anche solo non proprio in linea con le esigenze padronali.
La cosa che invece è passata completamente sotto silenzio sono il modo e i mezzi con cui la BSA (e per essa la R&T) ha acquisito le informazioni oggetto dell'indagine; è un punto che certo varrebbe la pena di approfondire.
Infatti secondo quanto è sotteso dalle varie fonti d'informazione, se è vero che i dipendenti hanno effettuato i collegamenti durante l'orario lavorativo anche per scopi personali o per mero divertimento, sembrerebbe altrettanto vero che non siano mai stati informati che la loro attività era non occasionalmente sotto controllo e che i collegamenti erano tracciati e registrati.
Se l'ipotesi corrispondesse a verità, ci sarebbe spazio perché il Garante aprisse un'inchiesta per verificare se i controlli siano avvenuti o no nel rispetto delle regole; anche magari soltanto per sfatare la leggenda secondo cui chi pensa male fa peccato, però ci indovina.
Altra cosa poco edificante è che il sito della BSA inviti direttamente le aziende a verificare la regolarità del software mediante un kit di autoanalisi, consultando anche una guida Software Asset Management con l'invito a smascherare i "pirati" oppure su come "navigare in sicurezza".
Non si comprende bene se l'invito all'autoanalisi da effettuare presumibilimente senza l'intervento almeno del sindacato sia legale o no (ogni imprenditore dovrebbe ben sapere e verificare quale e quanto software gira sulle sue macchine e l'uso che se ne fa) o se sia un'affermazione del principio che "rubare ai ladri non è reato" oppure che "il fine giustifica i mezzi."
Ovviamente speriamo di no, e che si tratti soltanto di una caduta di stile da parte della BSA, che giustamente persegue i fini per cui è stata creata e gli interessi economici dei suoi associati; ma un poco di chiarezza a conclusione della vicenda probabilmente non guasterebbe e sarebbe anzi la benvenuta.
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