Minicronaca del dissenso, dal blog alla cabala informatizzata

Internet dà libertà di espressione alle opposizioni di ogni tipo, ma la reazione istituzionale è forte e varia a seconda della cultura e della situazione politica dei vari stati. I nuovi mezzi e le tecnologie per sfuggire ai controlli e ai blocchi in Rete.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 10-08-2009]

cns

Ci sarebbe (il condizionale è d'obbligo) un attacco proveniente dalla Russia alla base del DoS che recentissimamente ha reso Twitter inagibile per molte ore e causato rallentamenti su Facebook, YouTube, Live Journal e Blogger; anzi, sono state proprio queste concomitanze a giustificare le illazioni poi pubblicate dai vari telegiornali.

Secondo i primi lanci di agenzia infatti l'oggetto degli attacchi non sarebbero i siti in sé ma un'unica persona fisica conosciuta con nick "Cyxymu" che possiede un account su ognuno dei portali interessati dal malfunzionamento; la circostanza sarebbe stata confermata da Max Kelly, responsabile della sicurezza su Facebook, che ipotizza un tentativo di intimidazione affinché l'utente venga espulso.

Cyxymus sarebbe un militante georgiano, autore di testi inneggianti alla libertà ed all'indipendenza della sua patria assai sgraditi alle autorità russe che avrebbero cercato così di renderlo sgradito ai responsabili dei siti attaccati.

L'occasione è buona non tanto per stigmatizzare un comportamento repressivo (ce ne sono ben di peggio) quanto per fare un po' il punto sui vari sistemi messi in atto dalle varie "autorità" governative per imbavagliare dissidenti e oppositori; sistemi che vanno dalla propaganda pura e semplice alla negazione o all'interramento dei problemi, passando ovviamente dalla censura vera e propria fino a giungere all'interramento vero e proprio degli avversari.

Ad esempio in Cina chi accede ai cybercafé è obbligato a consegnare un documento d'identità (ma in Italia le cose non sono molto diverse) e la navigazione viene interamente tracciata e memorizzata; in molti paesi arabi l'accasso ad alcuni siti è impedita da un reindirizzamento (con avviso intimidatorio) o con l'apparizione della schermata riportante il fantomatico "Errore 404".

A proposito della pagina 404 circolano aneddoti abbastanza divertenti: ad esempio in Tunisia, paese per altro laico e molto informatizzato, l'errore è accompagnato da una falsa pagina di spiegazioni come se fosse prodotta dal browser. Peccato che chi usa Firefox venga linkato su una pagina recante il logo di Internet Explorer ed ovviamente l'inversione colpisce anche chi usa il navigatore dello Zio Bill.

Ma la notizia che più fa sorridere è relativa alla genesi dell' "Errore 404", Pare infatti che agli albori dell'Internet presso il Cern di Ginevra ci fosse un server che non voleva saperne di restare "su" per cui doveva essere riavviato manualmente tutte le volte che andava in crash generando un difetto di connessione. Server piazzato nella stanza n. 404, da cui poi il gergale "errore del n.ro 404" o più brevemente "errore 404".

Tornando alla repressione per soppressione (informatica), i militari USA di stanza in Irak non possono accedere YouTube dai campi base (ma possono benissimo farlo da un qualsiasi cybercafé della capitale); in Francia, Italia, Germania, Inghilterra e Svezia si tende a combattere i pericolosissimi pirati informatici togliendogli la connessione e impiccandoli socialmente e finanziariamente con le richieste risarcitorie.

Nella pudicissima Australia è pressoché impossibile accedere a siti un poco osé con la scusa della lotta alla pedofilia mediante una lista ultrasegreta di circa 2400 siti e un budget di oltre 70 milioni di euro; mentre tornano sulle sponde del Mediterraneo i siti porno sono accessibili in Siria, purché non siano identificati dall'estensione "il" che è quella di Israele.

In USA impazzano invece gli smartfilter per tracciare gl'incauti naviganti sul posto di lavoro e poterli licenziare (legalmente) su due piedi, in caso occorra per politiche aziendali o altri motivi meno condivisibili.

Tuttavia la palma del garbo e della delicatezza espressiva nella soppressione, stavolta non solo informatica, è appannaggio della Repubblica Cinese, dove viene definita "armonizzazione"; che poi sarebbe l'arte di adeguare il proprio pensiero e le proprie convinzioni a quelli imposti dalla classe politica o passare un periodo di rigenerazione della personalità in appositi luoghi di restrizione e "rieducazione".

Abbiamo così il divieto di accesso a tutti i social network ed esiste tutta una lista di parole proibite, che vanno da Tibet a Falun Gong passando ovviamente per Tienanmen nonché un nutrito dizionario hard; ma si è scoperto che spezzettando le parole chiave con uno slash la ricerca è fattibile nonostante i blocchi. Prassi rischiosa, certo, anche facendo ricorso ai vari anonimizzatori o alle reti virtuali.

La resistenza e la reazione naturalmente c'è, anche se è costretta a prendere le solite via della satira o - in opposizione all'ultima campagna contro "la volgarità" - persino la via più sottile ma altrettanto efficace del doppio senso; strada quest'ultima sempre ignorata dai pur occhiuti vigilantes del web.

Ne è un esempio il video qui sopra che, attraverso un'innocente canzoncina relativa a un mitico animale cinese è in realtà infarcita di parolacce e doppi sensi basate sulle assonanze della parole: roba da fare invidia a qualsiasi cabalista medievale.

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Commenti all'articolo (1)

Deve sicuramente trattarsi di un oppositore veramene importante per rischiare una aggressione di questa portata tale da compromettere i normali rapporti tra gli stati. Rischiare cosi per un solo utente deve sicuramente valere il gioco che is sta compiendo. Certo che in questo caso si considererà la russi come probabile fonte di... Leggi tutto
10-8-2009 20:58

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