Parigi, inizia il processo a Emule Paradise

Il fondatore del sito di link affronterà un'udienza penale. Avrebbe guadagnato 400.000 euro dai download illegali di materiale protetto.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 14-09-2010]

Vincet Valade Emule Paradise peer to peer processo

Aveva probabilmente sbagliato i conti Vincent Valade, credendo ormai di averla fatta franca pur avendo consentito per qualche tempo lo scambio peer to peer di filmati tramite il suo sito Emule Paradise; aveva addirittura pensato bene di farsi immortalare nella posa che tutti possono ammirare qui a fianco, postando poi la foto su Facebook.

Il giovane parigino comparirà invece davanti al tribunale per un'udienza penale: è accusato di aver consentito lo scambio di contenuti protetti sul suo sito Internet, senza autorizzazione, dal 2005 al 2006.

Le accuse, portate da grandi nomi dell'industria dell'intrattenimento che spaziano dalla Galatée Film al comico Jean-Yves Lafesse, dall'associazione dei Produttori cinematografici (APC) alla Federazione Nazionale dei Distributori di Film (FNDF), non sono certo di poco conto non tanto per la quantità delle opere (secondo la ricostruzione degli investigatori si tratterebbe "soltanto" di 7113 film, tra l'altro non conservati sul sito) quanto per le entrate pubblicitarie che ne sono derivate.

L'accusa quantifica in circa 400.000 euro le somme incassate da Valade, subito piazzate su banche cipriote e dell'Honduras Britannico, e contesta pure il dolo in quanto Vincent Valade sarebbe stato in procinto di ottenere la cittadinanza lussemburghese dopo aver acquistato a tale scopo una società in quel principato.

Va detto che i trecentomila accessi giornalieri a Emule Paradise, che sembrano un'enormità, ridimensionano in parte la faccenda riportandola alle giuste dimensioni; 7.000 e rotti film in un paio d'anni sono mediamente una decina al giorno, non di più, e poi anche secondo l'accusa il sito si limitava a proporre dei link.

Se i fatti verranno confermati nel processo, sembrerà di dover considerare l'intera vicenda soltanto come un ennesimo giro di vite da parte della polizia giudiziaria d'oltralpe a tutela degli interessi delle solite major; un'azione che, rivisitando slogan di altri tempi e d'altra matrice politica, si potrebbe riassumere nella frase "colpirne uno per educarne molti".

Certo è molto più agevole, come insegnano Svezia e Gran Bretagna, colpire i pochi siti che fungono da ponte al peer to peer piuttosto che rincorrere e perseguire le singole persone che effettuano il download illegale; ma la prassi ormai invalsa sembra una evidente forzatura del sistema giudiziario, che nei Paesi civili persegue in via principale chi compie il reato, punendo solo in via concorsuale l'eventuale comportamento illecito messo in opera da terzi.

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