Fioccano le polemiche sull'aggressività commerciale cinese. Si dimentica che il più grande investimento straniero in Italia è cinese.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 23-07-2003]
"La Cina è vicina" era scritto in rosso, minacciosamente, su un muro vicino casa mia, quando ero bambino, negli anni '70.
Nei cortei si gridava: "La Cina è rossa, l'Italia lo sarà". Non esistevano tutti i ristoranti cinesi che oggi affollano le nostre città, la Cina era la cosa più lontana (non c'erano neanche i voli charter, anzi nemmeno i voli regolari per Pechino) e più esotica che un italiano potesse immaginare, ed era la Cina di Mao, del libretto rosso, delle Comuni popolari che erano un modello per molti giovani contestatori.
Oggi la Cina non è vista più come un modello di socialismo utopico, il capo dei maoisti italiani di allora, Aldo Brandirali è uno dei leader milanesi di Forza Italia ma è ancora un pericolo?
Per far fronte a questa concorrenza, per difendere le imprese e i lavoratori italiani bisogna introdurre dazi doganali, tornare ad un minimo di sano protezionismo, magari, se possibile, concordato a livello europeo.
C'è del vero in queste affermazioni: i nostri prodotti in settori maturi risentono della concorrenza di imprese cinesi dove spesso non ci sono solo bassi salari ed alta produttività ma anche assenza di libertà sindacali, represse dal regime, sfruttamento di minori, mancanza di rispetto delle norme di sicurezza del lavoro.
Il problema è che i dazi e le barriere doganali serviranno a poco: il nostro Paese soffre di un deficit nella ricerca, nell'innovazione di prodotto, nella formazione ed è destinato a perdere ancora terreno se si attarderà nei settori ad alta intensità di lavoro poco qualificato e non punterà tutti gli sforzi sulle produzioni ad alto valore aggiunto: l'informatica, le biotecnologie, i materiali.
C'è una dimenticanza, molto grave, nelle analisi dei nuovi "sinofobi" (timorosi della Cina): il più grande investimento straniero negli ultimi dieci anni in Italia è stato fatto proprio dai cinesi.
Sì, i cinesi sono già tra di noi, e non solo per cucinarci gli involtini primavera: diecimila miliardi di vecchie lire di investimento in tre-quattro anni, l'acquisto per più di 4.000 miliardi di vecchie lire delle licenze UMTS, già migliaia di dipendenti, molti dei quali ad altissima qualificazione, gli investimenti più forti in pubblicità sulla Tv e nei giornali che un'azienda italiana abbia fatto negli ultimi due anni, in un momento di magra per gli investimenti pubblicitari.
Si tratta dei cinesi di Hutchinson Whampoa, cinesi di Hong Kong ma cinesi a tutti gli effetti, i padroni di 3 (H3G), una delle poche multinazionali che hanno creduto e credono nel mercato italiano, in anni in cui gli investimenti stranieri sono in continuo calo in Italia, che hanno deciso di rischiare fino in fondo per trasformare in "videofoninomani" un popolo di "telefoninomani". La Cina è perfino più vicina di quanto pensino Tremonti e Bossi.
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