Rapporto di Privacy International su carte di identità e terrorismo

I documenti di identificazione sarebbero una misura ulteriore di legittimita' per i terroristi.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 14-05-2004]

Privacy International, membro EDRI, ha pubblicato un rapporto sul legame tra le carte di identita' e la prevenzione del terrorismo. Questo rapporto, il primo del suo genere, e' nato seguendo i tentativi da parte del governo britannico e canadese di introdurre le carte di identita' biometriche.

Il rapporto analizza le 25 nazioni che sono state piu' colpite dal terrorismo dal 1986 e conclude che la presenza della carta d'identita' non sembra avere un impatto significativo nella prevenzione da questi attacchi.

Il rapporto segnala che, mentre viene spesso suggerito un legame tra le carte d'identita' e le misure antiterrorismo, questa correlazione sembra solo molto intuitiva. Non e' stata effettuata nessuna ricerca empirica per stabilire chiaramente come i documenti di identita' possano essere usati come un mezzo per prevenire il terrorismo.

Il rapporto dice: "La presenza di una carta d'identita' non e' riconosciuta dagli analisti come un componente significativo nelle strategie antiterrorismo. I cinque criteri generalmente utilizzati per valutare e misurare il livello della minaccia terroristica in una nazione sono: la motivazione dei terroristi, la presenza di gruppi ed organizzazioni terroristiche, il numero e la frequenza di attacchi precedenti, l'efficacia dei gruppi nell'effettuare attacchi e la prevenzione - quanti attacchi sono stati contrastati nel paese".

L'analisi dettagliata delle informazioni di pubblico dominio nello studio di Privacy International non ha prodotto nessuna prova che dimostrasse una connessione tra le carte d'identita' e le misure antiterrorismo efficaci.

I terroristi si muovono tradizionalmente attraversando i confini usando visti turistici (come quelli degli uomini implicati negli attacchi terroristici agli USA), oppure risiedono e dispongono di documenti di identita' legali (come coloro che hanno effettuato gli attentati a Madrid).

Dei 25 paesi che sono stati piu' colpiti dal terrorismo dal 1986, l'80% hanno carte d'identita' nazionali, un terzo delle quali ha dati biometrici. Le uniche due nazioni europee incluse nello studio sono Spagna e Francia, entrambe hanno carte d'identita' nazionali con dati biometrici.

L'Italia, che dispone di una carta d'identita', ha mancato per poco di essere inserita nella lista come pure la Germania, che ha avuto gli attacchi terroristi della banda Baader-Meinhof prima del periodo valutato dallo studio di PI.

La ricerca non era in grado di svelare nessun esempio dove la presenza di un sistema di carta di identita' potesse essere visto come un deterrente significativo all'attivita' terrorista.

Circa due terzi dei terroristi noti operano con la loro vera identita'. Gli altri usano una varieta' di tecniche per falsificare o impersonificare identita' altrui. E' possibile, conclude la relazione, che l'esistenza di una carta di identita' affidabile consenta una misura ulteriore di legittimita' per queste persone.

"Dei dieci metodi impiegati piu' di frequente da parte dei terroristi per entrare od operare in uno stato, solo uno sarebbe impedito da una carta d'identita' nazionale. La maggior parte dei terroristi entrano in una nazione con visti turistici che, per la loro diffusione, sono soggetti a controlli meno accurati".

Il rapporto confuta le pretese fatte dal ministro dell'interno britannico che la biometria puo' sventare gli attacchi dei terroristi.

"Ad un livello teorico, una carta d'identità nazionale come descritta dal governo britannico puo' solo aiutare gli sforzi se fosse usata da un terrorista che lo sia e che voglia farsi identificare come tale, se utilizza la sua identita' reale e se le informazioni dell'intelligence possono essere collegati a quella identita'. Solo una minima frazione dei novanta milioni di ingressi nelle frontiere del Regno Unito ogni anno sono assistiti da una sicurezza globale e dal controllo dell'identità".

Per approfondire:
Articolo sul Guardian (27/04/2004).

(Contributo di Simon Davies, Privacy International)

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