Quali responsabilità manageriali e morali, al di là di quelle penali, hanno i manager di Telecom Italia per lo scandalo intercettazioni?
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 26-09-2006]
Tavaroli ha detto che il suo riferimento in Telecom Italia non era Tronchetti Provera ma l'amministratore delegato Carlo Buora, che è anche amministratore delegato di Pirelli, la cui security e i suoi responsabili sono oggetto di indagini e provvedimenti cautelari.
Non c'è da stupirsi, al di là delle retoriche sull'azienda "flat", sulla comunicazione interna. Telecom Italia è un'azienda ancora più fortemente gerarchizzata di quello che era la Sip dei tempi dell'Iri: nessuno può scavalcare il proprio superiore diretto, non si può parlare direttamente al vertice aziendale, il vertice non risponde mai direttamente ma attraverso i propri collaboratori e così e basta.
Certo, sull'Intranet aziendale c'è un form in cui il dipendente può segnalare al Colleggio dei Sindaci eventuali violazioni della legge che stabilisce la responsabilità oggettiva dell'azienda in caso di corruzione di pubblici ufficiali, legge secondo cui anche Telecom Italia sarà multata e non poco, rischiando di perdere così anche il diritto a partecipare ad aste e bandio pubblici, ma si vede che non è mai stato utilizzato in questo caso.
Nell'ampia gamma di interferenze nella vita privata commesse da Tavaroli, approfittando dei mezzi aziendali a lui mai lesinati da Buora sempre così inflessibile sulle spese di tutti, dalla cancelleria agli straordinari, c'è un po' di tutto. Ci sono le intercettazioni per conto Inter, che forse riguardano più la giustizia sportiva, ma che non si vede perché siano state pagate da Telecom.
Ci sono anche le informazioni assunte sui dipendenti e su quanti aspiravano a diventarlo e qui è difficile che Gustavo Bracco, capo del personale, da cui dipende ora anche la Security Telecom non ne sapesse proprio nulla. Ci sono i dossier raccolti su soci, dirigenti e amministratori, banchieri, politici di centro, sinistra, destra. C'è il fatto che non si capisce dove iniziasse l'attività del Sismi e quella di Telecom Italia, a quale scambio di favori e informazioni si fosse arrivati, quanto ne fossero al corrente o facessero finta di non saperlo i vertici di Telecom Italia e dello stesso Sismi.
Alla base di queste vicende ci sono innanzitutto parecchi errori manageriali. Il primo e più grave errore è stato porre sotto un unico responsabile il settore della security interna e quello del Cnag, le attività volte a garantire la sicurezza di Telecom Italia e quelle finalizzate a supportare la magistratura e le forze dell'ordine nelle loro attività legali di indagine e intercettazione: se tutto fosse rimasto più distinto e separato, come lo è stato per moltissimi anni, non avremmo avuto tutti questi abusi, per tutto questo tempo e a questo livello.
E qui arriviamo all'errore più grosso compiuto da Tronchetti: aver assecondato le teorie sulla "sicurezza aziendale" megalomani e onnipotenti di Tavaroli, quelle di cui va ancora oggi fiero, quelle che insegna all'Università e su cui scrive saggi.
Poi c'è la cosidetta categoria di "sicurezza globale" applicata alle aziende. Fino a Tavaroli, la security di Telecom Italia era una struttura piccola, in sott'ordine, affidata a sottoufficiali dei carabinieri e polizia senza altre velleità di quella di arrotondare la pensione. Si trattava di sovrintendere le attività di sicurezza degli stabili e degli impianti Telecom Italia, migliaia sparsi in tutta Italia, da attacchi di delinquenti e terroristi, attraverso soprattutto l'appalto della vigilanza a istituti di vigilanza privata. Era un'attività necessaria e insostituibile, svolta in stretta collaborazione con le forze dell'ordine, data la natura delicata e strategica delle comunicazioni; ogni tanto ci poteva essere qualche indagine su dipendenti scorretti, ma cose da poco come piccoli furti, assenteismo e via dicendo.
Con Tavaroli c'è il salto di qualità verso il precipizio: sicurezza diventa tutto, diventa sicurezza informatica e telematica. Quest'ultima già era seguita, ma viene posta sotto il controllo di Tavaroli con tutto il potenziale umano, tecnologico ed economico. E poi le occasioni di deviazione: c'è la necessità di una sicurezza preventiva con la messa in moto di un sistema incredibile di acquisizione delle informazioni.
Si passa dalla sicurezza tradizionale alla sicurezza economica e finanziaria, ossia raccolta di notizie e informazioni su soci, alleati, concorrenti, creditori di Telecom Italia che possono mettere in pericolo la sua posizione e, soprattutto, quella dei suoi azionisti di controllo. Security diventa la battaglia in Brasile, senza esclusione di colpi, basata su dossier e cimici: quella logica che sembrava normale in un Paese latinoamericano è stata trasportata anche nella nostra democrazia italiana, fragile ma fino a un certo punto, perché capace di esprimere anticorpi potenti a livello politico, di magistratura, dell'informazione e delle altre imprese.
Sotto accusa è la categoria di "sicurezza globale aziendale": la sicurezza che permette a un'azienda, in nome della sua sicurezza, di farsi Stato nello Stato, come succede a molte, troppe, altre grandi multinazionali europee e americane, come sta dimostrando in questi giorni la vicenda di HP e delle sue spie. Una concezione difficilmente compatibile con i doveri di un'azienda monopolista (quasi) di fatto delle comunicazioni telefoniche fisse e mobili e via Internet, che deve garantire la segretezza delle comunicazioni dell'intera società italiana. Questa è la colpa di Tronchetti e Buora.
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