Sul calcio e sulla Pay Tv

La fine dell'Estate è segnata dallo scontro tra Rai, Lega Calcio, Pay Tv sui diritti televisivi del prossimo campionato di calcio che, per questo, inizierà in ritardo. Cerchiamo di vederci più chiaro in tutto questo polverone.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 22-08-2002]

Ormai è deciso: il campionato di calcio inizierà in ritardo, slittando al 15 settembre, a causa del mancato accordo tra Rai e Lega Calcio sul pagamento dei diritti televisivi per le partite di serie A trasmesse in chiaro. La Rai, prostrata da una difficile situazione economica, dovuta al calo degli introiti pubblicitari a causa della concorrenza Mediaset e del calo generale dovuto alla crisi post 11 settembre, non è disposta a rivalutare in modo consistente i diritti pagati alle squadre della prima divisione per la trasmissione in chiaro delle partite.

Il Ministro delle comunicazioni Maurizio Gasparri interviene per dire no a ulteriori aumenti di quanto già pagato dalla Rai, con i soldi pubblici, alle squadre; una parte dell'opposizione dice che così il Ministro limita l'autonomia della Rai. Inoltre da più parti si sottolinea l'ennesimo conflitto di interessi che vede protagonista l'amministratore del Milan (e vicepresidente della concorrente Mediaset) contro la Rai per toglierle le partite, con l'intervento di un Ministro di Berlusconi, Presidente del Milan e proprietario di Mediaset, oltre che capo del Governo.

D'altra parte l'ex Presidente Rai, Roberto Zaccaria, considerato un feroce anti-berlusconiano, dice che le partite potrebbero essere divise tra Rai, Mediaset e La7 (la televisione della Telecom di Tronchetti Provera) senza problemi. Mediaset, comunque, si dice non interessata a tirare fuori più di 200 miliardi per tre anni di campionato.

Ma vediamo quali sono le cause dello scontro. Le squadre di calcio sono in forte crisi, dalla Fiorentina che crolla in serie C a causa del fallimento del patron televisivo Cecchi Gori, a quelle che non riescono a pagare lo stipendio ai calciatori o che, perlomeno, devono ridurlo. E' giunto il momento di pagare (tutti in una volta) anni e anni di finanza allegra, di decine di milardi pagati per una "gamba" di calciatore (solo una). Questi anni erano iniziati in concomitanza alla nascita le Pay Tv in Italia.

In Italia Telepiù (prima di Mediaset e poi del Gruppo Vivendi) e Stream (nata da Telecom Italia) fin dall'inizio si buttano sul calcio come principale mezzo di seduzione dei clienti italiani, che già godono di una vasta offerta televisiva in gran parte gratuita, e che se vogliono godersi le partite della squadra del cuore, senza le solite violenze dello stadio, devono comprare l'abbonamento alla Pay Tv.

Per acquisire i diritti a trasmettere le partite (criptate), Telepiù e Stream drogano letteramente il mercato del calcio italiano, spartendosi con aste folli i diritti di singoli gruppi di squadre e abituando i club calcistici a vivere al di sopra di ogni sana e normale gestione economica.

La conseguenza non potrebbe essere peggiore: i clienti che vogliono vedere tutto il campionato devono abbonarsi alle due Pay Tv o, comunque, pagare oltre all'abbonamento un costo aggiuntivo per vedere le partite della squadra del cuore in trasferta. A poco servono gli sforzi dell'Autority per costringere Stream e Telepiù ad adottare un unico decoder per non costringere il consumatore ad acquistarne due: oggi abbonarsi alle 2 Pay Tv italiane costa (solo per il calcio) più di 90 euro al mese, un costo inaccettabile per una famiglia media. I costi troppo elevati dell'abbonamento alle Pay Tv fanno nascere il mercato della pirateria, informatica e satellitare, la più grande e sofisticata d'Europa, con centinaia di migliaia di clonazioni e, si calcola, un milione di spettatori "portoghesi", cioè non paganti.

La Pay Tv così non sfonda in Italia, penalizzata dai costi eccessivi, dalla pirateria, dal fatto che il nostro Paese non è cablato e Stream e Telepiù affogano in mezzo ai debiti, e per questo non possono più sostenere costi impossibili per acquistare i diritti dalle squadre, che vorrebbero rivalersi sulla Rai.

Già oggi chi si è abbonato a Stream o Telepiù ha subito un danno, perché il Campionato inizia con ritardo. La stessa situazione delle Pay Tv è ancora tutta da chiarire: Telepiù soffre della gravissima crisi del Gruppo Vivendi, a cui appartiene; Telecom Italia, padrona di Stream, vorrebbe uscire dal mercato della Tv a pagamento e cederla al magnate Murdoch, disponibile a comprare Stream solo in caso di sua fusione con Telepiù.

Le stesse squadre di calcio vorrebbero creare una propria Pay Tv, facendola gestire a Lucia Morselli, la manager di Stream licenziata da Tronchetti Provera; questo sarebbe possibile solo obbligando Stream e Telepiù a consentire l'utilizzo della propria costosa piattaforma tecnologica a questo nuovo soggetto, e pertanto questa possibilità è solo nelle mani dell'Autority e del Governo.

Una cosa è molto chiara in tutto questo polverone: l'Italia avrebbe fatto meglio a investire tutti i soldi buttati in calciatori e in decoder in un bel piano per cablare in fibra ottica il nostro Paese: questa infrastruttura ci sarebbe rimasta, anche in piena crisi della New Economy.

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Pier Luigi Tolardo

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