BSA, ancora e sempre terrorismo dell'informazione

Mentre alla radio arriva una nuova ondata di spot che invitano alla delazione, ricordiamo con rammarico un programmatore, intervenuto a un'importante conferenza stampa, che si auto-denunciava per l'utilizzo di software non coperto da copyright, in quanto da lui stesso scritto per uso suo personale, ma illegale secondo le vigenti norme istituzionali che tutelano la registrazione dei prodotti.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 28-03-2002]

A pochi giorni di distanza dalla presentazione del Disegno di Legge sul software Open Source, BSA torna all'attacco con nuovi spot, sia su cartelloni pubblicitari sia radiofonici. Hanno anche aggiornato il sito, che ora sembra proporre intimidazione violenta, piuttosto che informativa civile, a testimoniare la tanta voglia di riaffermare potenza. Le società associate nella BSA sono tutte colossi nel mondo della produzione e nella diffusione del software, e temono che l'avvento dell'Open Source mini alle fondamenta il loro strapotere economico.

Per quale ragione parliamo di intimidazione? Basta scorrere le prime righe del comunicato pubblicato da BSA per scoprire che "Le associazioni di difesa del diritto d'autore continuano a indicare il nostro Paese tra quelli che non tutelano sufficientemente la proprietà intellettuale. Suggerito il suo inserimento nell'Elenco Speciale 301, la lista del governo americano dei paesi 'piratà. Il rischio è di incorrere in gravi sanzioni commerciali".

Sono vere e proprie minacce in ambito internazionale, neanche tanto velate; ma soprattutto BSA accusa l'Italia di non tutelare la proprietà intellettuale. Scusate, ma non si è parlato al Senato in questi giorni dell'importanza di considerare il prodotto dell'ingegno un bene da condividere con tutti, sia che questo prodotto costituisca un miglioramento in campo medico, scientifico, letterario, oppure software?

BSA parla di proprietà intellettuale come se fosse possedere una matita o un libro, e non come il risultato del lavoro che in tutte le Università del mondo viene presentato quale il vero motore che porta all'innovazione. Tutelare la proprietà intellettuale, nel suo vero significato, equivale a diffondere il più possibile tutte quelle idee che costituiscono progresso, e non nasconderle.

"L'impegno della BSA nella sensibilizzazione e nella collaborazione con i governi" dice Paolo Ardemagni, Presidente di BSA Italia "ha come obiettivo la realizzazione di un mondo digitale capace di favorire e proteggere la cooperazione internazionale, la fiducia di consumatori e operatori professionali, la diffusione dell'e-commerce e l'innovazione tecnologica". Probabilmente tale sensibilizzazione diventa per queste società controproducente, soprattutto se consideriamo che attualmente in nove Stati americani viene valutata nei palazzi di giustizia la posizione di una casa che fa parte di questo consorzio.

A quanto pare sta scemando, da parte delle istituzioni, la cieca fede nei confronti delle Software House, anche se queste ne vanno fiere e lo gridano. A partire da questi Stati americani, dove oggi sono in tribunale, per arrivare fino a noi, che proponiamo leggi per la diffusione del Software e la sua liberalizzazione. Come se non bastasse, queste case iniziano ad avere un minore impatto sull'opinione pubblica, che si sta svegliando dall'assopimento-infatuamento del primo momento e si sta rendendo conto che, in realtà, se continueremo a fare quello che loro vogliono, l'innovazione sarà solo e soltanto quello che loro vorranno farci sapere e utilizzare. E' questa la ragione per cui BSA, che rappresenta i costruttori, alza la voce per farsi sentire e spaventare chi tentasse di abbandonarli.

Secondo BSA, l'innovazione dipenderebbe dunque dalla cieca e incondizionata fiducia verso produttori che scrivono i loro programmi, tenendo segreto sia quello che hanno fatto, sia il modo in cui fanno lavorare le nostre macchine, sia il modo in cui trattano i dati. L'evoluzione, secondo loro, non passa per la condivisione dell'informazione ma deve essere assoggettata al loro esclusivo tornaconto: ben lontano dall'ipotesi di cedere il frutto dell'ingegno alla collettività, dando a tutti la possibilità di apportare miglioramenti al prodotto.

Abbiamo detto, riferiti all'intervento al Senato, che noi non siamo proprietari del software che acquistiamo. Bene: BSA, quale rappresentante dei suoi associati, esplicitamente dice: "Tra le iniziative richieste vi è anche quella di punire il furto di software perpetrato dalle organizzazioni - aziende e anche enti pubblici - che sistematicamente caricano un'unica copia di un programma su un numero maggiore di computer", ricordando che noi non siamo padroni di quello che abbiamo pagato, ma semplici utilizzatori, e neanche tutelati, se loro possono pretendere di controllare che cosa facciamo in casa nostra.

Speriamo che questo mutamento di opinione delle istituzioni e del pubblico non venga condizionato dal patetico comportamento di chi cerca disperatamente di rilanciarsi, soffocato dal terrore di essere sorpassato e di perdere il proprio potere economico. E politico.

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