Lo afferma la Corte di Cassazione.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 17-04-2014]
Da oggi, essere accusati di diffamazione è più facile: non serve nemmeno che la persona cui sono rivolte le frasi offensive sia indicata con nome e cognome.
Lo si deduce dalla sentenza 16712 della prima sezione penale della Cassazione, chiamata a giudicare la vicenda di un maresciallo della Guardia di Finanza che aveva scritto sul proprio profilo Facebook una frase ingiuriosa nei confronti di un collega.
Il maresciallo si era detto «attualmente defenestrato a causa dell'arrivo di in collega sommamente raccomandato e lecca*ulo».
Portato in tribunale dalla persona oggetto dell'offesa (che pure non veniva direttamente nominata), l'uomo era stato condannato in primo grado a tre mesi di reclusione.
La sentenza era stata quindi ribaltata in appello: la Corte aveva infatti ritenuto che, mancando il nome della persona offesa, il fatto non sussistesse.
La Cassazione ha ora nuovamente ribaltato la sentenza, stabilendo che l'individuazione della persona è comunque possibile anche in assenza dei dati anagrafici.
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Il problema sta nel fatto che tramite Facebook «chiunque, collega o conoscente dell'imputato, avrebbe potuto individuare la persona offesa».
Dato che il maresciallo ha impostato il proprio profilo come pubblico, chiunque può leggere ciò che viene scritto: in pratica, il social network è equiparato a un mezzo di comunicazione di massa.
C'è di più: per la struttura stessa di Facebook ci sono buone probabilità che gli "amici" (nel senso usato sul social network) di un utente siano amici anche della persona offesa; in questo modo capire di chi si sta parlando diventa molto più semplice.
Si legge nella sentenza: «Ai fini dell'integrazione del reato di diffamazione è sufficiente che il soggetto la cui reputazione è lesa sia individuabile da parte di un numero limitato di persone indipendentemente dalla indicazione nominativa. Il reato di diffamazione non richiede il dolo specifico, essendo sufficiente ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo della fattispecie la consapevolezza di pronunciare una frase lesiva dell'altrui reputazione e la volontà che la frase venga a conoscenza di più persone, anche soltanto due».
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