L'ultima operazione di polizia scaturita dal gruppo speciale di Umberto Rapetto, insieme a molti altri episodi di repressione recentemente registrati in Rete, porterà forse un domani a fare una trasmissione intitolata 'C'era una volta la libertà d'espressione sul Web'. Sarebbe quanto meno opportuno che il comandante del Gruppo Anticrimine Tecnologico (GAT) della Guardia di Finanza rispondesse a qualche interrogativo che in moltissimi si stanno ponendo in questo momento in Rete.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 19-01-2002]
Spettabile redazione di Radio Capital,
dal sito web capital.it si evince che Umberto Rapetto, comandante del Gruppo Anticrimine Tecnologico (GAT) della Guardia di Finanza, tiene una trasmissione quotidiana alle 15:45 dal titolo "C'era una volta il Web".
Vista l'ultima operazione di polizia scaturita dal suo gruppo speciale, che insieme a molti altri episodi di repressione recentemente registrati in Rete porterà forse un domani a fare una trasmissione titolata "C'era una volta la libertà d'espressione sul Web", sarebbe quanto meno opportuno che Rapetto rispondesse a qualche interrogativo che in moltissim* si stanno ponendo in questo momento in Rete.
2) Come mai l'operazione "high-tech hate" arriva ora dopo tanti mesi? E' vero che è stata necessaria una lunga e laboriosa competenza privata esterna di una ditta di Ravenna?
3) Non pensate che la legislazione italiana in materia di reati informatici sia del tutto inopportuna in generale e nello specifico del caso anche? Ad esempio lo stesso Rapetto potrebbe essere denunciato e indagato in quanto coautore di un libro sulle tecniche di intercettazione e controintercettazione telefonica e ambientale: ha infatti diffuso indicazioni o istruzioni idonee a compiere reati anche di tipo informatico (Art. 615-quater - Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici. - Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto o di arrecare ad altri un danno, abusivamente si procura, riproduce, diffonde, comunica o consegna codici, parole chiave o altri mezzi idonei all'accesso ad un sistema informatico o telematico, protetto da misure di sicurezza, o comunque fornisce indicazioni o istruzioni idonee al predetto scopo, è punito con la reclusione sino ad un anno e con la multa sino a lire dieci milioni).
La legislazione italiana sull'argomento quindi non solo è spropositata dal punto di vista repressivo ma anche inadeguata, prendiamo ad esempio il caso dei log, strumento sicuramente adoperato anche in quest'ultima indagine: alla domanda "che valore hanno i log?" l'autorevole avvocato Andrea Monti così risponde: "Da soli, praticamente nessuno, visto che non sono generati e memorizzati in modo che nessuno possa alterarli. In altri termini, alla fine della fiera un log è un file di testo. Se un provider consegna un log alla magistratura, e se non vengono seguite alcune cautele, come si fa a dire che quel file descrive esattamente quello che è successo su una certa macchina? Può sembrare un cavillo avvocatesco, e probabilmente lo è, ma nei processi esiste la regola che una cosa sono le prove, una cosa sono le congetture e le deduzioni. Un log senza alcun riscontro (analoghe entry presenti in server remoti, elementi riscontrati sulla box del sospettato ecc.) è carta straccia." (testo trovato dopo ricerca su Google con stringa Legge e conservazione dei log).
4) Pensate davvero che i responsabili dei servizi in cui è stato fatto il defacement non hanno nessuna responsabilità? Qualora contenessero dati personali ricadrebbero nel reato introdotto dalla legge 675/96: omessa adozione di misure di sicurezza, sanzionato penalmente con la reclusione fino a due anni. Adempimenti noti come misure minime di sicurezza previsti nella L.675/96 e codificati nel DPR 318/99 di carattere sia tecnico che amministrativo sono infatti obbligatori. (vedi anche questa pagina di Interlex).
Su un piano più genericamente politico, fra un adulto super-pagato da importanti istituzioni e un quindicenne smaliziato, è davvero il quindicenne a dover pagare per un server configurato ingenuamente da un punto di vista della sicurezza?
5) Pensate davvero che, a fronte di quanto sta succedendo nel mondo, un giovanissimo che entra in un server, non danneggia niente ma commette un atto pacifico, immediatamente controvertibile e squisitamente simbolico e politico come apporre un testo di denuncia delle ingiustizie ed orrori del mondo, debba rischiare tre anni di galera?
In attesa di un riscontro i miei più
Cordiali Saluti
Ferry Byte (e altri firmatari dalla mailing list Cyber Rights)
p.s.
la missiva è spedita per conoscenza a liste di discussione e media interessat* all'argomento
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