Non è accettabile la denuncia della sorella di Cucchi da parte del carabiniere, ma ci vuole più attenzione da parte di tutti.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 06-01-2016]
Finora sul caso di Stefano Cucchi, lo spacciatore di droga morto per le percosse ricevute dopo l'arresto mentre era in custodia cautelare, le uniche sentenze di condanna, in più gradi, sono state per i medici che non hanno curato ed evitato la morte di Cucchi, mentre gli agenti di polizia penitenziaria sono stati assolti.
Rimangono da accertare e punire le responsabilità dei Carabinieri che, se anche non hanno causato direttamente la morte del Cucchi, gli hanno inflitto lesioni gravissime che sono una grave forma di violazione dei diritti umani e un reato punito severamente, soprattutto se commesso da un pubblico ufficiale.
Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano che non ha mai sminuito le colpe del fratello ma ha sempre chiesto e perseguito con determinazione la verità sulla sua morte, ha pubblicato nei giorni scorsi la fotografia di uno dei carabinieri che hanno effettuato l'arresto tratta dal suo profilo Facebook.
In questa foto si mostra il milite con un fisico muscoloso e forte in costume da bagno, un fisico certamente, a dire della sorella, molto più forte e idoneo a percuotere gravemente una persona mingherlina e sofferente come Cucchi.
Questo post è stato seguito da molti insulti e commenti offensivi, anche nei confronti delle istituzioni, e da minacce di violenza contro questa persona, tanto che la stessa Ilaria Cucchi ha preso le distanze dalle minacce violente.
Il carabiniere ha poi dato mandato ai suoi legali di denunciare non solo le persone che lo hanno insultato pesantemente (al momento è solo indagato) ma anche la stessa Ilaria Cucchi, che lo avrebbe calunniato e causato le minacce di morte.
Credo che l'ipotesi stessa di una denuncia a carico della Cucchi sia inaccettabile: il profilo Facebook del carabiniere era pubblico, il ruolo del carabiniere nella vicenda è pubblico, la vicenda è pubblica da anni; la Cucchi si è limitata a evidenziare che ha il fisico per produrre lesioni - che oggettivamente ci sono state al momento successivo all'arresto e che non hanno inflitto gli agenti carcerari e nemmeno il Cucchi a sè stesso - e quindi rimane in piedi solo la spiegazione che sia stato uno o più carabinieri. Ma in nessun modo la Cucchi ha chiesto di insultare o istigato a minacciare il carabiniere, per cui chi l'ha fatto l'ha fatto di sua iniziativa e lei non può risponderne per loro.
Certamente, l'iniziativa della Cucchi ha dei limiti, anche se mossa da un'evidente e comprensibile e condivisibile esasperazione per il fatto che le responsabilità nel pestaggio del fratello non siano state finora individuate e sanzionate.
Il carabiniere non è l'unico accusato ma è l'unico che è su Facebook con un profilo pubblico e con quella foto: e gli altri che invece non si mostrano?
Detto questo, però, questa persona invece di denunciare la Cucchi deve semplicemente difendersi; ma non può invocare il "silenzio Facebook", non esiste: da Facebook si può uscire in qualunque momento e impostare limitazioni per tutelare la privacy.
Anche la scelta delle foto deve essere attenta all'opportunità del momento: probabilmente l'avvocato doveva consigliarlo prima e non dopo. E' possibile, anzi probabile, che dopo questa vicenda il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri emani una circolare vincolante per i militari che delimiti e vieti la presenza sui social network in presenza di indagini, anche quando queste non comportano la sospensione dal servizio; o comunque suggerisca una maggiore prudenza e attenzione.
Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato con Zeus News
ti consigliamo di iscriverti alla Newsletter gratuita.
Inoltre puoi consigliare l'articolo utilizzando uno dei pulsanti qui
sotto, inserire un commento
(anche anonimo)
o segnalare un refuso.
© RIPRODUZIONE RISERVATA |
|
|
||
|
Danielix