Il presidente uscente spiega perché non perdonerà l'uomo che ha svelato al mondo i programmi di spionaggio USA.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 22-11-2016]
Sin dal settembre scorso, una campagna online e offline chiede al presidente USA Barack Obama la grazia per Edward Snowden, l'ex dipendente della CIA responsabile di molte rivelazioni sui programmi di sorveglianza e spionaggio gestiti dal governo americano.
Se allora l'occasione per la richiesta era l'arrivo nelle sale del film Snowden di Oliver Stone, ora il motivo per rinnovare la richiesta è l'avvicinarsi della fine del mandato di Obama: si spera, insomma, in un ultimo gesto di magnanimità.
Intervistato in proposito del settimanale tedesco Der Spiegel, però, il presidente americano ha affermato di non aver intenzione di concedere la grazia.
«Non posso graziare qualcuno che non si è ancora presentato a un tribunale per difendere le proprie ragioni» ha dichiarato Obama.
L'impossibilità non è tecnica - il presidente degli Stati Uniti può graziare anche qualcuno che ancora non abbia affrontato un processo - ma riguarda piuttosto la visione personale di Barack Obama sulla vicenda.
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«Io credo che il signor Snowden abbia sollevato delle questioni valide» ha commentato Obama. «Tuttavia, il modo in cui l'ha fatto non ha seguito le procedure e la prassi della nostra comunità di intelligence. Se ciascuno pensasse di poter agire da sé su queste questioni, allora sarebbe molto difficile avere un governo organizzato o qualsiasi tipo di sistema nazionale di sicurezza».
Il problema, per il presidente uscente, è stabilire l'equilibrio migliore tra il diritto alla riservatezza e la sicurezza di ciascuno.
«Quanti pretendono che non ci sia bisogno di raggiungere un equilibrio» - ha continuato Obama - «e pensano che possiamo adottare una strategia assolutista al 100% nel proteggere la privacy non capiscono che i governi devono sopportare quel peso immane che è la prevenzione di quel tipo di atti terroristici che non soltanto danneggiano i singoli, ma possono anche stravolgere la nostra società e la nostra politica in modi molto pericolosi».
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