Maledetta globalizzazione

Uno dei leader del movimento no global italiano ne narra la nascita avvenuta grazie a Internet.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 20-09-2004]

Francesco Caruso, uno dei leader più noti del movimento no global in Italia, passa 18 giorni in carcere a Viterbo ed è condannato a non allontanarsi dal territorio della sua provincia, come molti altri cospiratori politici di tutti i tempi; Caruso decide in questa condizione di recluso di scrivere le sue memorie.

La sua giovane ma intensa autobiografia si intitola, emblematicamente, "Maledetta globalizzazione. Frammenti di vita e di disobbedienza sociale", appena uscita per i tipi della Carocci.

Il libro costituisce un documento importante sulla nascita del movimento cosiddetto dei no global nel nostro Paese, con le sua fasi salienti: parte dalla contestazione del Global Forum del 2001, dedicato al tema del digital divide, tenutosi nella città di Bassolino, sotto l'ultimo Governo di centrosinistra.

La manifestazione si concluderà con duri scontri con le forze dell'ordine che saranno solo una pallida avvisaglia delle giornate del G-8 a Genova, con le drammatiche vicende del pestaggio dei manifestanti alla scuola Diaz, per cui si apre in questi giorni il processo a carico di componenti della polizia, accusati anche di depistaggio delle indagini e falsificazione di prove.

La vicenda dei no global italiani, come è testimoniato da Francesco Caruso, ha origine sul Web e grazie al Web, e non sarebbe spiegabile il suo successo in termini mediatici e di mobilitazione, fuori da organizzazioni e partiti vecchi e nuovi, senza la Rete che ne determina anche il carattere, appunto, reticolare, non gerarchico e burocratico.

Caruso descrive i giorni della preparazione delle contromanifestazioni del Forum 2001 di Napoli dell'Ocse come i giorni in cui è nato lo stesso nome No Global, come il nome del dominio, per acquistare il quale si erano autotassati per 50.000, da dare al sito del movimento.

Dopo lunghissime discussioni, inventeranno e registreranno No Global.org e da quel momento saranno battezzati da tutti, giornalisti, istituzioni e avversari come i No Global.

Dice Caruso: "Un nome che significa tutto e niente, lascia anche un margine di ambiguità perché noi non siamo mai stati contro la globalizzazione tout-court, bensì contro questa specifica e ben definita globalizzazione neoliberista, capitalista. Del resto noi siamo la prima generazione, il primo movimento globale per cui sarebbe un controsenso definirci solo noglobal, senza un suffisso o una specificazione".

Sono belle anche le pagine con cui Caruso descrive la "beffa di Napoli", con l'ormai mitico episodio di cybersquatting: lui e i suoi amici si accorgono che il dominio ocse.org ma anche quello ocse.it sono liberi, e ne registrano 2 dove realizzano un sito in tutto e per tutto uguale a quello ufficiale della manifestazione dell'Ocse sul digital divide, tranne per i documenti abilmente contraffatti e modificati in parti politiche qualificanti.

Il "paracontrosito" Ocse sarà più cliccato dell'originale, riceverà richieste di accreditamento da parte della stampa che convaliderà fino a organizzare una controconferenza stampa che andrà a monte, per uno scoop, solo all'ultimo momento.

Procurerà ai ragazzi no global perfino un invito ufficiale, naturalmente rifiutato, a partecipare alla manifestazione e la visibilità mediatica che li accompagna fino ad oggi.

Caruso racconta anche il primo netstrike, perfettamente riuscito e legale: quello in cui migliaia di utenti rallentarono fino quasi al blocco il sito di trading on-line della Fineco.

Caruso descrive le radici, gli esordi del movimento sulla Rete, negli anni '90, con la scoperta da parte dei ragazzi del Sud come Caruso, che facevano un uso intensivo del fax per tenersi in collegamento, delle potenzialità della telematica: l'epoca delle BBS, con la nascita del circuito dei centri sociali autogestiti, che si chiamava ECN (European Counter Network) nato dopo un incontro internazionale nel 1990, con uno strano gruppo di "tekno-cyber-punk danesi, collettivo TV-Stop che giravano con un camper pieno di fili, monitor, videoproiettori".

"Il loro modem da 1.200 baud", dice sorridendo Caruso, "sembra preistoria rispetto all'Adsl di oggi ma fece fare al movimento spontaneo dei centri sociali un salto di qualità di cui se ne accorsero, perfino, i servizi segreti che vollero dedicare al circuito un lungo passaggio in una loro relazione al Parlamento del '94. Poi arrivò la rivoluzione zapatista in Messico che dimostrò le enormi potenzialità della Rete come canale di controinformazione indipendente".

Il libro si conclude con un capitolo che ha un sapore epico, decisamente poetico e che rivela buone doti di scrittore: narra le giornate del "trainstopping", il tentativo, fatto non solo dai no global ma da molti gruppi pacifisti cattolici e non, di bloccare i treni della guerra che dal Veneto trasportano verso Pisa truppe e materiale bellico Usa, cannoni e carrarmati, che serviranno alla guerra contro l'Irak.

Con i cellulari e con la Rete piccoli gruppi di uomini e donne tentano l'impossibile, Caruso lo fa anche pensando a una ragazza irachena, con cui chatta e si collega spesso in Webcam, si chiama Suared, e si trova sotto le bombe dei bombardamenti americani a Baghdad, per cui spesso il collegamento non può avvenire.

Quella con Suared è una "Globalizzazione Benedetta" che si oppone alla maledetta, anche grazie alla generosa passione, segnata dall'insuccesso pratico ma non morale, di quei ragazzi che vogliono fermare i treni della guerra e, magari, per qualche ora ci riescono pure.

Scheda Titolo: Maledetta Globalizzazione
Sottotitolo: Frammenti di vita e di disobbedienza sociale
Autore: Francesco Caruso
Editore: Carocci
Prezzo: 12,50 euro

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Pier Luigi Tolardo

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