Telecom Italia decide la piena integrazione tra fisso e mobile e stipula un'alleanza con Mediaset per portare la TV digitale sui telefonini. Ma l'Antitrust non potrà non bloccare tutto.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 22-10-2005]
Pochi mesi or sono la fusione finanziaria tra Telecom Italia e la sua controllata TIM è stata la notizia dell'attualità economica più importante: Telecom Italia, che già controllava il maggior gestore mobile italiano, ha ritirato le azioni TIM dalla quotazione in Borsa e ha aumentato il proprio indebitamento nel breve periodo per incassare tutti i ricchi dividendi e consolidare nel tempo la situazione finanziaria appesantita fortemente dall'OPA di Colaninno.
Tronchetti Provera ha promesso agli investitori che le sinergie tra Telecom Italia Wireline (rete fissa) e il mobile di TIM, basate soprattutto sull'integrazione in un'unica piattaforma di Rete e sulla razionalizzazione della struttura, avrebbero permesso un guadagno immediato di qualcosa come due miliardi di euro. Nel contempo, però, i vertici dell'azienda confermavano che le separazioni sociatarie, contabili e organizzative sarebbero rimaste in essere per evitare problemi di Antitrust.
Nel 1994, infatti, per lasciare spazio alla nascente concorrenza rappresentata unicamente da Omnitel di Olivetti e per evitare che Telecom Italia approfittasse della sua posizione di indiscusso vantaggio, dalla Divisione Mobile dell'ex monopolista fu estrapolata e creata TIM.
Marco De Bendetti, per diversi anni (forse i migliori) amministratore delegato di TIM e per qualche mese pari grado con Riccardo Ruggiero, esce di scena perché non abbastanza determinato in questo processo di fusione a tutto campo. Anche l'altro uomo forte di TIM, il direttore generale Sentinelli, colui che ha lanciato la Sim prepagata e ha fatto la fortuna della Azienda, ha lasciato Telecom Italia con una liquidazione supermiliardaria.
Una volta fatti fuori i vertici di TIM, coloro che ora hanno più da temere sono proprio i dirigenti intermedi che hanno perso tutti gli sponsors e rischiano di essere fatti fuori dai loro colleghi Telecom: TIM infatti è a tutti gli effetti rientrata in Telecom Italia e anche i dipendenti operativi dei livelli più bassi rischiano le conseguenze negative di una ristrutturazione che potrebbe provocare migliaia di esuberi.
Bisogna dire che sono tuttora validi i motivi che dieci anni fa costrinsero l'Antitrust del neo presidente Giuliano Amato, uomo di centro sinistra, a imporre a una potente Telecom Italia la scissione di TIM: TIM è il primo gestore mobile italiano, forte di una percentuale di mercato che supera il 40% e Telecom Italia controlla tuttora più del 70% del traffico voce e delle connessioni a banda larga e ADSL.
Gli altri gestori concorrenti si dividono tra reseller privi di rete propria come Tele2 e operatori che coprono solo una parte del territorio nazionale e della popolazione come Fastweb; Wind, unico concorrente dotato di reti fissa e mobile integrate e sviluppate su scala nazionale, è stata appena acquistata da un gruppo egiziano che intende puntare quasi unicamente sulla rete cellulare.
Tuttora Telecom Italia è un gigante circondato da nani, spesso accusato di pratiche anticoncorrenziali troppo spregiudicate e anche la nuova arrivata compagnia mobile 3, non avendo alcuna licenza GSM, può competere soltanto sul mercato del cellulare UMTS.
Possibile che l'Antitrust non abbia proprio nulla da obbiettare sul progetto "One Model Company" che rischia di spazzare via ogni concorrenza, anche quella di Vodafone che, per ora, non ha la sponda della rete fissa?
Oggi l'Autority delle Comunicazioni apre un'indagine in merito all'accordo stipulato tra Mediaset e Telecom Italia per portare entro la metà del 2006 la TV digitale terrestre sui cellulari TIM di nuova generazione, un progetto che può vanificare gli sforzi della stessa 3 che ha avviato da qualche giorno il primo canale TV solo per telefonini UMTS realizzato dalla RAI.
Un'alleanza, quella Mediaset-Telecom Italia (peraltro proprietaria di due Televisioni come La7 e MTV) che rischia di rafforzare il parziale monopolio di Telecom nelle TLC e di consolidare la posizione duopolistica di Mediaset, per buona pace del conflitto di interessi dell'azionista-Premier Berlusconi, conflitto su cui la pur blanda legge, approvata dal centrodestra, pone paletti e obbliga controlli.
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