Lavorare nei call center fa diventare belli

Un libro feroce e puntuale sulla vita dei giovani precari italiani.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 14-05-2006]

Foto di Tom Denham

Andrea Bajani è un trentenne torinese che nella vita è stato soprattutto precario: lavoratore in nero, poi CoCoCo, poi Copro, poi interinale e infine una partita Iva, dai service editoriali ai call center. La sua vita (e quella della stragrande maggioranza dei giovani italiani) l'ha descritta in una rubrica dell'inserto settimanale del quotidiano "La Stampa" nella rubrica "Vite a progetto", che ora è un libro dell'Einaudi dal titolo "Mi spezzo ma non m'impiego".

Il libro è al tempo stesso divertentissimo e amarissimo, un "noir" del lavoro e sul lavoro, se possiamo prendere a prestito il termine che definisce un altro genere letterario completamente diverso.

Per esempio, le pagine dedicate al call center: "Lavorare al call center fa diventare belli. Basta accendere la televisione per averne la conferma. Gli operatori delle compagnie telefoniche sorridono bellissimi e rilassati dentro lo schermo. Per lo più sono donne. Le fanciulle dei call center parlano flautate dentro cuffie da soubrette televisive, di quelle che cantano, ballano e fanno la spaccata. Incontrarle facendo zapping tra i canali può ridare il sorriso a una giornata, può far innamorare e può anche far invidia. Le ragazze coi brufoli e il telecomando in mano vorrebbero subito precipitarsi a mettere la testa dentro la cuffietta per diventare come loro. I ragazzi sdraiati sul divano si tirano su perché vorrebbero parlare anche loro dentro una cuffietta seduti accanto a una ragazza così bella e rilassata. Quando spengono la televisione, i ragazzi e le ragazze si vestono e vanno a proporsi al call center emozionati come se andassero a fare un provino per la Tv."

"Il momento più bello del lavoro al call center è la pausa. Dopo due ore di squilli nelle orecchie e di sorrisi contro il monitor hai diritto alla tua pausa di una decina di minuti. In quei dieci minuti puoi fumare sul balcone, prendere un caffè alle macchinette e fare la pipì. Solo, non devi sottovalutarla. La pausa si prenota all'inizio del turno, e questo significa che devi essere sufficientemente in confidenza con la tua vescica da sapere quando sarà il caso di portarla al gabinetto. Se ti giocherà qualche scherzo dovrai imparare ad amministrare l'emergenza. Farai dei piccoli rimbalzi regolari sulla sedia mentre spieghi sorridente al tuo cliente dov'è la pizzeria Taverna Rossa, e cadenzerai i rimbalzi sorridendo e chiudendo le ginocchia a ritmo di metronomo. Allo scoccare della pausa, poi, correrai come un disperato verso la toilette in mezzo ai sorrisi dei colleghi che telefonano".

"La telefonata, se possibile, non dovrebe durare più di un minuto, perché dopo un minuto diventa antieconomico per l'azienda. Dietro di voi c'è un uomo che cronometra le vostre e, se andate troppo lunghi, fa la faccia di uno che non è contento; e se lui non è contento, potrebbe essere un problema alla fine del contratto. Così ogni telefonata dura un minuto, e alla fine del minuto c'è un altro squillo nell'orecchio, accompagnato da una scritta lampeggiante sul monitor che dice CHIAMATA IN ARRIVO. Un minuto dopo l'altro, uno squillo dopo l'altro e così fino a fine turno. Alla fine della giornata sono 250 volte circa che hai detto sorridendo: Buongiorno sono Massimo, in che cosa posso esserle utile?".

Scheda
Titolo: Mi spezzo ma non m'impiego
Sottotitolo: Guida di viaggio per lavoratori flessibili
Autore: Andrea Bajani
Editore: Einaudi
Prezzo: 10,80 euro

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© RIPRODUZIONE RISERVATA

Pier Luigi Tolardo

Commenti all'articolo (2)

Lavorare nei call center fa diventare belli ? Leggi tutto
15-5-2006 12:01

{cheimporta}
dignità Leggi tutto
14-5-2006 08:47

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