Il primo attacco americano viene dalla rete

Mentre gli Stati Uniti preparano l'attacco armato al terrorismo talebano, gli hacker mettono a segno il primo colpo.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 17-09-2001]

I terribili fatti accaduti negli USA hanno suscitato e fomentato un sentimento d'ira e di odio in tutti noi nei confonti degli autori di quello che è un attacco vile e ingiurioso alla civiltà di un popolo. Le reazioni americane erano scontate e l'ingente dispiegamento di forze che si sta preparando in questi giorni è avvisaglia di un clima negativo che probabilmente durerà non poco.

Ma mentre gli attacchi materiali da parte occidentale devono ancora avere seguito (con le dovute cautele del caso), gli attacchi virtuali sono già stati posti in essere dagli hacker più irriducibili. La comunità dei pirati informatici non è infatti interamente schierata con Bush, ma è spaccata su due fronti contrapposti: da un lato quelli che vorrebbero schiacciare Bin Laden immediatamente e dall'altro l'ala pacifista: fedele alle politiche di non violenza, quest'ultima ritiene che rispondere a un attacco con un altro attacco porterebbe solamente a ulteriori guai e sarebbe dunque da preferirsi la via della mediazione o della rappresaglia non armata.

Ma mentre questi ultimi hacker sostanzialmente restano in disparte a guardare, i primi "danno l'esempio" e passano all'attacco nei confronti dell'attuale nemico numero uno degli USA. Attacco che non poteva che essere informatico: bersaglio di un'iniziativa congiunta dei The Dispatchers (così si fanno chiamare i pirati del web che aderiscono al fronte interventista hacker) è stato il sito taleban.com, dapprima oscurato e successivamente manipolato, inserendo su fondo nero una foto di Bin Laden con tanto di taglia e descrizione ingiuriosa nei suoi confronti.

Lo spirito che ha mosso questo disprezzo e ritorsione è stato sicuramente di patriottismo, come affermano gli stessi hacker che si vantano dell'operazione, molto probabilmente destinata a non restare un'iniziativa isolata. L'FBI comunque replica che tale comportamento non aiuta di certo le politiche degli Stati Uniti e anzi fomenta i timori di rappresaglie ingiustificate nei confronti dei popoli arabi: non dimentichiamo che un attacco hacker è pur sempre un atto illegale.

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