Quale futuro?
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 07-11-2001]
Torna alla quarta parte: Lentamente, qualcosa sta cambiando.
Per fare qualche previsione, può essere interessante osservare quanto sta accadendo nel Regno Unito, ove la politica di riallineamento dei prezzi ai costi è perseguita da oltre 15 anni. E' facile vedere che British Telecom realizza tutt'ora l'80% del fatturato e controlla il 90% della rete. Gli utili da essa realizzati nell'ultimo decennio, inoltre, sono stati così elevati da consentirle (unico caso in Europa) di investire oltreoceano (AT&T). Il Governo britannico ha recentemente stabilito di prolungare la vita dell'Autorità garante, che prevedeva di smantellare entro fine 2001 per... esaurimento dei propri compiti istituzionali.
Come si è detto, la rete è tutto. Perciò, lo scorporo da Telecom Italia della rete potrebbe rappresentare un'alternativa alla creazione di infrastrutture concorrenti. Tale ipotesi, che a quanto pare è parecchio di moda presso alcuni politici appartenenti all'area di governo, è percorribile solo in linea teorica. Nelle loro valutazioni, quei signori non sembrano considerare che Telecom è un'azienda privata quotata in borsa. Suddividerla in due imprese, una delle quali dedicata alla gestione e sviluppo della rete e alla vendita dei servizi di interconnessione, l'altra alla vendita di servizi "finali", avrebbe l'effetto di abbattere il valore di mercato delle azioni (che, comunque, dovrebbero essere "spezzate" a loro volta, mediante annullamento e riemissione): il "tutto" rappresentato da Telecom così com'è vale certamente più della semplice somma delle sue parti. Chi ama sbandierare il mercato concorrenziale e l'iniziativa privata come soluzioni per qualsiasi male dell'economia farebbe bene a valutare con attenzione tutti i meccanismi di azione/reazione che regolano il mercato e le conseguenze che manovre avventate possono avere a livello macroeconomico.
Si ha l'impressione di avere perso il treno: lo scorporo della rete e la sua gestione pubblica (almeno in un primo tempo) erano forse percorribili prima della privatizzazione di Telecom, ma la necessità di collocare titoli di alto valore per portare un po' di ossigeno alle (sempre e comunque) esauste casse statali e una discreta dose di colpevole miopia hanno indotto il precedente governo a disfarsi di una attività assolutamente strategica per l'Italia e a permettere, in seguito, che essa divenisse oggetto di speculazioni finanziarie.
Non rimane che una possibilità: la concentrazione dei nuovi operatori in imprese di dimensioni paragonabili a quelle di Telecom, in grado quindi di esprimere la capacità di investimento e di integrazione necessaria a "scuotere" per davvero il mercato. Qualche speranza, in tal senso, viene dalla fusione di Infostrada e Wind (la quale ha, come noto, ENEL alle spalle), ma rimane comunque un cammino non facile da percorrere: un numero limitato di grandi operatori, più che un mercato in vera e propria concorrenza, sembra essere l'ipotesi più probabile per il futuro delle telecomunicazioni. In tal caso, l'Antitrust avrà un ruolo fondamentale nel vigilare sulle collusioni (cartelli di prezzi) e le altre forme di abuso che, spesso, l'oligopolio origina.
Torna alla prima parte: Forse non avremo mai concorrenza nelle telecomunicazioni.
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