La sezione italiana chiude per una serie di problemi. Probabilmente nascerà una nuova lista.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 26-11-2006]
Tante volte commentatori e uomini politici di destra ne hanno chiesto la chiusura, tante volte ci hanno provato denunciandola per qualsiasi cosa: dall'accusa di sovversione a quelle di incitamento all'odio razziale, dal vilipendio delle forze armate a quello della religione, poi diffamazione e calunnia, e certamente avremo dimenticato qualcosa tra i capi di accusa per cui si è chiesto l'oscuramento e il sequestro di Indymedia.
E' diventata il simbolo di un'epoca e di un movimento, il G8 di Genova con la repressione poliziesca ordinata dal governo Berlusconi, i noglobal con le loro ali più radicali, l'aggregazione a partire dal web dei movimenti di protesta sociale, un modo nuovo di fare informazione dal basso e al di fuori dei circuiti ufficiali grazie alla rete, i cellulari, le videocamere, una possibilità di avere voce senza filtri, autorizzazioni, gerarchie per tutti quelli che non volevano stare nel sistema.
Indymedia Italia è la sezione della rete internazionale che nella famosa scuola Diaz di Genova aveva il suo centro saccheggiato e distrutto da un'azione di un reparto della Celere, con pestaggi di giornalisti e fotovideoreporter indipendenti. Ancora oggi per questo motivo opera Supporto legale, a sostegno di vittime e imputati nei processi legati alle vicende del G8, che saranno travolte (forse per sempre) dai tempi della giustizia italiana ormai arrivati alla fatidica prescrizione.
Le tesi finali del meeting di Torino discusse nel forum sono così espresse: 1) la chiusura del sito, che prevede la chiusura della pubblicazione e il congelamento del sito allo stato attuale (mantenendo quindi solo la possibilita' di consultarlo);
2) la chiusura di tutte le liste, sia nazionali che locali;
3) l'apertura di una nuova lista nella quale discutere le proposte di strutturazione del sito e del progetto.
Gli stessi attivisti di Indymedia auspicano la nascita di una nuova struttura, in totale discontinuità con la prima, in seguito a una crisi irreversibile. I nodi principali sono stati individuati: il non funzionamento del metodo del consenso utilizzato nelle liste; il dissolvimento di Indymedia Italia come comunita'; il crollo del livello di partecipazione e della consapevolezza dello strumento; la conseguente burocratizzazione, sentita a livello di Italy list e editorial. E ancora la burocratizzazione, cioè la perdita dello slancio ideale iniziale; ma anche problemi economici e organizzativi per un sito che si è basato unicamente su volontariato e autofinanziamento.
La crisi è espressione forse della più generale crisi del movimento Noglobal in Italia: dall'avvento del governo Prodi, che ha portato anche la sinistra radicale più vicina ai movimenti a fare i conti con le esigenze della governabilità, alle spaccature interne al movimento sugli stessi temi della pace e della politica estera, al fatto che la stessa sensibilità rispetto ai guasti della globalizzazione ha penetrato la cultura e larghe aree di opinione pubblica facendo però venire meno la radicalità dei primi approcci.
Indymedia (o comunque le voci di cui è stato il megafono fedele e trasparente) non possono però ripiombare nel silenzio, ne soffrirebbe lo stesso dibattito civile e politico del nostro paese. Auguri quindi a Indymedia 2.
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