Il Consiglio dei Ministri approva un disegno di legge per la riforma del sistema radiotelevisivo che stabilisce nuove regole e nuovi limiti di concentrazione nel settore dei mass-media. Una prima bozza viene modificata per l'intervento diretto del Presidente di Telecom Italia Marco Tronchetti Provera.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 11-09-2002]
Il Ministro delle comunicazioni Maurizio Gasparri, prima dell'estate, lo aveva promesso: una nuova legge, al posto della Mammì, sulle radio-televisioni in Italia anche per evitare che, già in settembre, una sentenza della Corte Costituzionale possa chiudere Retequattro; secondo la legge Mammì Retequattro infatti non dovrebbe essere di chi possiede già due emittenti nazionali (Berlusconi che ha già Canale 5 e Italia Uno) oppure dovrebbe trasmettere sul satellite.
La proposta di Gasparri, che dovrà essere approvata dal Parlamento, è già stata approvata dal Consiglio dei Ministri, senza Berlusconi e il suo sottosegretario Gianni Letta (già Vicepresidente ed attuale azionista di Mediaset), usciti al momento della votazione per evitare polemiche sul conflitto di interessi.
Come si sa, la legge sul conflitto di interessi, già approvata da uno dei due rami del Parlamento, non obbliga Berlusconi a vendere le Tv per occupare funzioni pubbliche (mentre a New York l'editore Bloomberg dovrà perdere il controllo della sua pay-tv per poter continuare a fare il sindaco).
Quindi la via è libera perché Mediaset possa continuare a controllare Retequattro senza doverla mandare sul satellite, ma anche acquistare una radio nazionale o un quotidiano --mentre adesso il Giornale Nuovo è stato venduto a Paolo Berlusconi perchè Silvio non poteva possederlo legalmente.
E' una legge un po' su misura per Mediaset, anche se il suo attuale presidente Fedele Confalonieri si lamenta perchè il 20% è un tetto troppo basso e l'ingresso, sempre previsto dalla nuova legge, di privati nella Rai rischia di rafforzarla troppo. La legge prevederebbe per le società di telefonia mobile e fissa un limite ai ricavi che possono avere nel settore dei mass-media del 10%.
Inizialmente però la prima bozza di questa legge prevedeva il 5% massimo di ricavi nel settore dei mass-media, controllabili dalle società di telefonia, ma questo limite sarebbe stato raddoppiato dopo una richiesta informale di Telecom Italia al Governo: in pratica Marco Tronchetti Provera, secondo molte autorevoli indiscrezioni, avrebbe telefonato a Berlusconi (che non vota ma evidentemente si occupa della legge) dichiarando la sua insoddisfazione; successivamente la proposta di legge sarebbe stata cambiata.
Una evidente caduta di stile: Tronchetti Provera, come tutti i cittadini, ha diritto a fare le sue critiche e le sue richieste, e la Telecom può fare un'azione di lobbying; ma sarebbe meglio che lo facesse con un'azione trasparente, in audizioni alle commissioni parlamentari e non in rapporti personali da imprenditore a imprenditore. Lenin disse che "il Parlamento è il Comitato d'affari della borghesia": un'esagerazione in difetto in questo caso.
Oltretutto non si capisce se nel 10% di risorse controllabili da Telecom Italia debba rientrare o meno il canone telefonico (come quello televisivo) e se si tenga conto del potere indiretto che Telecom Italia, con le sue consociate, detiene sul mercato della pubblicità, e quindi sui media, essendo il più importante investitore pubblicitario italiano e sui mezzi di comunicazione che a sua volta sono utilizzati dai mass-media.
Il problema del rapporto tra affari-moralità-democrazia è esploso con fragore e conseguenze inimmaginabili negli Usa (e lì non ci sono comunisti): quando accadrà in Italia?
Bisogna chiedersi anche se Tronchetti ottiene tale agreement dal Governo grazie all'atteggiamento morbido tenuto da La7 (l'emittente di Telecom Italia) nei confronti della concorrente Mediaset e dello stesso governo, e se davvero tra gli obiettivi di Tronchetti Provera ci sia l'acquisizione del Corriere della Sera, quotidiano della Milano nuova sede di Telecom Italia.
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