Accusato di pedofilia, resterà in prigione finché non consegnerà i dati che lo incriminerebbero.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 23-03-2017]
Nel 2015 un poliziotto di Filadelfia (USA), Francis Rawls, venne arrestato in quanto sospettato di possedere materiale pedopornografico.
Da allora, Rawls è in prigione senza che sia ancora stato ufficialmente incriminato: le prove - i file che lo indicherebbero come colpevole - si trovano su degli hard disk criptati, di cui l'uomo si rifiuta di fornire la password.
Per sostenere la propria posizione Rawls s'è appellato al Quinto Emendamento alla Costituzione USA, che protegge i sospetti dall'obbligo di fornire prove che li incriminerebbero.
Questa visione non è però condivisa dalla Corte d'Appello cui s'è rivolto l'avvocato di Rawls per ottenere la scarcerazione del suo assistito.
Il giudice sostiene che la richiesta della polizia non viola il Quinto Emendamento poiché le forze dell'ordine già sanno che troveranno il materiale illegale, la cui presenza è una «conclusione inevitabile».
«Gli esami forensi hanno anche rivelato che l'uomo ha scaricato migliaia di file che, in base ai loro valori "hash", sappiamo essere pedopornografia. I file, tuttavia, non si trovavano sul Mac Pro, ma erano invece stati conservati su degli hard disk esterni crittografati. Di conseguenza, non è stato potuto accedere ai file» ha spiegato il tribunale di Filadelfia.
Nonostante l'impossibilità di mettere le mani sui file, la presenza sul portatile di una singola fotografia di una ragazzina minorenne in pose sessuali, e la cronologia dei siti visitati, dimostra le tendenze di Rawls.
A ciò si aggiunge la testimonianza della sorella dell'uomo: ella afferma che il fratello le ha mostrato centinaia di foto e video pedopornografici.
Basandosi su questi dati, il giudice ha deciso che la detenzione dell'uomo, che dura ormai da 18 mesi, è giusta: anzi, Rawls dovrà restare in prigione sino a che non si deciderà a rivelare la password oppure l'ordine del magistrato venga annullato.
Secondo l'avvocato difensore, «Alla fine l'unico fatto appurato è che il governo non ha mosso alcuna accusa. Il nostro cliente è ormai in custodia da quasi 18 mesi sulla base della sua affermazione circa il suo diritto, sancito dal Quinto Emendamento, contro l'autoincriminazione».
Secondo Marc Rumold, esperto legale della EFF, lo svelamento della password da parte di Rawls equivarrebbe a una testimonianza che lo incriminerebbe, e pertanto sarebbe protetto dal Quinto Emendamento, come egli stesso sostiene.
Secondo l'accusa, invece, è proprio la definizione di "testimonianza" a fare la differenza: Rawls - sostengono - non è tenuto a dire alcunché. Basta solo «che ci dia il suo computer e i suoi hard disk non crittografati».
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