Lawrence Lessig strizza l'occhio all'industria dell'intrattenimento, accettando il Digital Rights Management come standard di fatto e sostenendo il sistema di restrizione aperto di Sun.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 18-04-2006]
La DRM, acronimo di Digital Rights Management (gestione dei diritti digitali) è una serie di dispositivi tecnologici che limitano la libertà dei fruitori di contenuti digitali multimediali, tipo musica, film, videoclip e via dicendo.
Nata come privata iniziativa dell'industria dell'intrattenimento e di quella informatica, ha ufficialmente lo scopo di tutelare gli autori dalla copia illegittima. Nella realtà, come hanno ammesso fonti autorevoli, il vero scopo è tutelare gli interessi delle major dalla cosiddetta "pirateria casuale".
Un modo efficace per giustificare nuove e lucrose limitazioni alla libertà dell'l'utilizzatore regolare dei contenuti, considerato a priori un probabile disonesto, e comunque una mucca da mungere.
A gettare benzina sul fuoco, la presentazione del sistema DRM opensource di Sun. Una DRM opensource equivale più o meno a una mina antiuomo costruita con materiali ecologici e antiallergici: indebita limitazione della libertà, fatta però con tecnologie a sorgente libero. È anche un po' la filosofia della DRM/spaghetti, del nostrano Leonardo Chiariglione, ovvero un mastino elettronico equo e rispettoso dei (pochi) diritti degli utenti.
Eppure, questa pratica cialtrona e arbitraria in abito cyberfreak non è proprio invisa a tutti. Tra i sostenitori dell'iniziativa di Sun, infatti, è apparso il nome di Lawrence Lessig, fondatore e leader di CreativeCommons, membro del consiglio di Free Software Foundation, di Electronic Frontier Foundation e direttore di Software Freedom Law Center.
Svista di Sun o clamoroso incidente diplomatico? Lessig stesso prova a smorzare i toni; sul Register dichiara che sì, avrebbe dovuto riflettere prima di dare la sua benedizione al progetto, ma che in ogni caso questo non significa garantire per esso.
L'intervista è una vera e propria arrampicata sugli specchi: "La mia adesione non significa che questo tipo di DRM sia una figata" sono più o meno le sue parole, "vuol dire semmai che, se proprio dobbiamo sorbirci una restrizione tecnologica, allora questa è meglio di quella della MPAA."
"Lo so anch'io che dovremmo vivere in un mondo senza DRM," continua Lessig, "che dovremmo costruire un'infrastruttura e delle leggi che rendano inutili questi meccanismi, ma è bene affrontare la situazione con un po' di realismo".
Contaminare la DRM con tecnologia open source, per rendere inefficace il disegno politico-economico che ci sta dietro: è un ragionamento estremamente raffinato. "Pure troppo," sottolinea Ben Mako Hill, di debian.org, "se anche vi fosse qualche vantaggio per gli utenti nell'open-DRM, proprio per questo nessuna major la sceglierebbe al posto di un tosto sistema proprietario."
Leggi la seconda parte dell'articolo: non è solo una gaffe
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