L'accordo Apple-Emi spiazza le altre major musicali, che sembrano decise a ricorrere alle maniere forti.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 02-05-2007]
Già lo aveva anticipato Steve Jobs, in un'intervista rilasciata a metà della settimana scorsa a chi gli chiedeva un parere sul futuro della musica online, precisando che non vedeva grandi possibilità nella vendita di brani in abbonamento. "Mai dire mai, ma i miei clienti non sembrano interessati ad offerte di questo tipo; loro vogliono restare proprietari della musica che acquistano".
Dall'alto dei 2,5 miliardi di brani venduti sinora, non è che gli si possa dare torto anche perché i numeri lo mettono per ora in una posizione di forza nei confronti di Universal, Warner e altre firme che sono alla ricerca di come trarre maggiori benefici dall'affitto dei brani distribuiti sul web, come ad esempio tramite Yahoo! e Napster.
E' noto che EMI ha distanziato le concorrenti avendo contrattato con Apple un aumento di prezzo dei brani da 99 centesimi a 1,29 euro in cambio di una eliminazione di tutte le forme di protezione sulle opere distribuite via iTunes, mentre Warner Music ancora recentemente ha affermato per bocca sel suo presidente Edgard Bronfman che avrebbe mantenuto il DRM sui brani del proprio catalogo.
Pare in ultimo che Universal Music, indubbiamente il numero uno del settore, abbia rilanciato proponendo a Apple un accordo simile a quello stipulato con Microsoft a proposito di Zune: e cioè di ricevere il versamento di una percentuale per ogni iPod venduto, in cambio di che cosa non è stato chiarito.
Non si sa bene se dal punto di vista strettamente giuridico una proposta del genere avrebbe la stessa qualificazione in Italia e negli States; ma dal punto di vista commerciale e non solo nei paesi diciamo più "evoluti" è senza dubbio una proposta indecente perché Apple si è conquistata una larga fetta di mercato senza scipparla ad alcuno. Tanto più indecente in quanto, tenuto conto del peso economico -e non solo- del proponente, appare una di quelle proposte che "non è possibile rifiutare" al quale ci sta abituando la risorgente new economy d'oltre oceano.
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