Quando la riservatezza può essere un'opinione

Il Garante della privacy ha stabilito che è illecito spiare chi scambia file in rete. Ma il resto del mondo sembra voler andare in un'altra direzione.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 14-03-2008]

p2p garante privacy file sharing peppermint

La recente determinazione del Garante della privacy con la quale viene stabilito che, almeno in Italia, si deve osservare il principio di riservatezza, inteso come valore costituzionalmente protetto e degno di preminente tutela giuridica di fronte agli interessi privati, sembra soffrire già in partenza di numerose e importanti eccezioni all'estero, sia in ambito comunitario che altrove.

Per esempio Aircom, il principale fornitore d'accesso irlandese, ha il fiato delle major sul collo affinché si decida a filtrare il peer to peer; infatti a dar retta alla lobby capeggiata dalla Irish Recorded Music Association (IRMA) il download illegale -secondo quanto riferisce The Irish Times- avrebbe provocato un danno di oltre 100 milioni di euro nel solo 2007.

A prescindere dal fatto che nessuno tra i produttori di intrattenimento sembra disposto a prendere in considerazione una riduzione di prezzo dei supporti originali per combattere la pirateria, resta ancora da vedere se e in quale misura la presa di posizione italiana, anomala rispetto a quanto va a delinearsi nel resto della Comunità Europea, potrà resistere nei fatti.

In Francia infatti è stato presentato il progetto di legge antipirataggio, secondo le direttive emerse dal recente accordo Olivennes che prevede quella famosa "risposta graduale" fortemente voluto dal presidente Sarcozy.

In base a quanto sinora emerso, verrebbe creata una nuova autorità amministrativa con il compito di vigilare sui download illegali, denunciati a iniziativa dei privati che si ritengono danneggiati, che si avvarrà di pubblici ufficiali per verificare la fondatezza delle denunce.

In caso di accertamento positivo, la gradualità prenderebbe forma dapprima con l'invio di una email di avvertimento a opera del fornitore d'accesso, seguìta, in caso di recidiva nel semestre seguente, da una diffida per raccomandata con avviso di ritorno, menzionando le sanzioni di legge in caso di prosecuzione nell'illecito.

In caso venga constatata una nuova infrazione, l'autorità amministrativa potrebbe proporre una transazione, che consisterebbe in una sospensione dell'accesso all'internet per un periodo non inferiore a un mese e non superiore a sei, oppure nel deferimento all'autorità giudiziaria per gli eventuali provvedimenti di competenza.

La transazione prevede sia il divieto di stipulare nuovi contratti con altri fornitori d'accesso sia l'obbligo di continuare a pagare l'abbonamento durante il periodo di sospensione; e ciò evidentemente non tanto per ovviare alla possibile reiterazione del reato quanto per venire incontro agli interessi dei fornitori di accesso.

Il guaio della soluzione prospettata è che durante il periodo di sospensione chi usufruisce di una soluzione mista (per esempio internet + telefonia + TV) si vedrebbe penalizzato con il blocco della totalità dei servizi e non solo l'accesso al web; ovviamente alcuni dei fornitori non ne sono propriamente entusiasti, anche a non considerare l'incongruenza e possibile illiceità di una sanzione accessoria non voluta dalla norma.

Inoltre l'autorità amministrativa di vigilanza ovviamente dovrà avvalersi di un'ennesima schedatura su scala nazionale, a disposizione dei fornitori d'accesso per controllare che nessuno dei "sospesi" violi il divieto di legge; il che implica un riesame complessivo della materia addirittura da perte del Consiglio di Stato per verificare che non vengano violati i cosiddetti diritti soggettivi dei cittadini sottoposti a controlli e restrizioni.

Sono problemi complessi, che fanno temere la pronta adesione al sistema di un Paese come il nostro, da sempre ammalato di un burocratismo borbonico.

D'altra parte la soluzione richiesta dalla major negli Stati Uniti sembra più un parto delle menti malate di fiscalità che prosperano dalle nostre parti, visto che speditamente imporrebbe una tassa ai fornitori di accesso con facoltà dei medesimi di rivalersi sulla clientela; una tassa non più sul supporto ma sull'utilizzo, una sorta di riedizione dell'imposta sulle concessioni governative. Non c'è male, per la patria del liberismo economico.

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