Ci chiediamo se l'investimento del governo libico in Telecom sia compatibile con i principi di responsabilità etica e sociale.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 26-09-2008]
Tutti abbiamo ancora in mente le polemiche recenti sulle Olimpiadi a Pechino e sulla necessità, se non di boicottarle, di far sentire la propria voce al governo cinese in difesa dei diritti umani e civili violati in quel Paese in modo pesante, contro la pena di morte massicciamente praticata e per l'autonomia del Tibet.
In quella occasione molti atleti, interpellati sul perché non protestassero, magari rinunciando a partecipare alla sfilata inaugurale (come suggerivano politici come Gasparri e Meloni) rispondevano polemicamente che intanto tutti facevano affari con la Cina.
Oggi una situazione analoga si verifica con la Libia: dopo la fine dell'embargo dell'Onu, che accusava la Libia di praticare il terrorismo, e dopo la strage di Lockerbie, i primi a beneficiare dei capitali libici saranno i manager di Telecom Italia.
In questo caso il nostro ex monopolista si troverebbe a collaborare strettamente con un governo che controlla e filtra rigidamente tutte le comunicazioni da e verso l'esterno e reprime duramente il dissenso, anche attraverso l'uso dell'assassinio politico e controlla tutti i media.
Anche i soldi di Gheddafi non sono puliti ma vengono da un regime dittatoriale che probabilmente a Ghandi non piacerebbe.
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