Siti, servizi e applicazioni come Facebook creano dei mondi chiusi: rappresentano una minaccia per lo spirito di apertura e condivisione che ha dato vita a Internet.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 22-11-2010]
Sir Tim Berners-Lee, il creatore del World Wide Web, è sempre stato il paladino di una Rete libera e aperta.
In occasione di un intervento che sarà pubblicato sul numero di dicembre di Scientific American, Berners-Lee ha indicato quali siano oggi le minacce che incombono sul web com'era stato concepito in origine, ossia privo di muri ma nato per la condivisione delle conoscenze.
I primi bersagli degli strali dello scienziato sono le aziende che vorrebbero limitare la distribuzione dei contenuti: certe emittenti televisivi via cavo, che vendono connettività a Internet, vorrebbero che i propri clienti potessero accedere soltanto ai contenuti da loro prodotti.
Il problema è che ognuno di essi è una sorta di giardino recintato: all'interno del giardino si possono immettere informazioni e vi sono gli strumenti per contattare gli altri ospiti, ma i muri sono alti e condividere il materiale con chi sta fuori non è permesso.
La critica di Berners-Lee è simile a quella avanzata da Google a Facebook per la questione dei contatti di Gmail: Facebook importa i contatti da un servizio esterno, ma impedisce che si possa fare lo stesso con ciò che custodisce.
I siti come Facebook - spiega il padre del web - "assemblano tutti questi pezzetti di dati all'interno di impressionanti database e riutilizzano le informazioni per fornire servizi a valore aggiunto - ma soltanto all'interno dei loro siti. Ogni sito è un silo, separata dagli altri da alte mura. Sì, le pagine sono nel web, ma i dati no".
Il problema sta nella decisione di non utilizzare i protocolli aperti, preferendo invece soluzioni proprietari: non c'è un URI che permette di arrivare direttamente a questo o a quel contenuto di Facebook.
"Le connessioni tra i dati esistono solo all'interno di un sito. Così, più dati si inseriscono più si resta bloccati all'interno. Il pericolo correlato è che un singolo sito di social networking - o un singolo motore di ricerca, o un singolo browser - diventa così grande da costituire un monopolio, il che tende a limitare l'innovazione".
Lo stesso vale per iTunes: "Il sistema di Apple identifica canzoni e video con URI che sono aperti. Ma invece di 'http:' gli indirizzi cominciano con 'itunes:', che è proprietario. Si può utilizzare un indirizzo 'itunes:' solo usando il programma proprietario di Apple".
Berners-Lee non si ferma e include tra i meritevoli di biasimo anche quei giornali che producono apps anziché affidarsi al web, chiudendo così i propri contenuti in una piattaforma ancora proprietaria.
Il problema, insomma, non è Facebook o iTunes, ma la tendenza a ignorare l'ideale di condivisione che ha reso possibile la nascita del web e che incarna lo spirito di apertura e collaborazione di Intenret.
"Sviluppatori, aziende, governi e cittadini dovrebbero lavorare in modo aperto e cooperativo, come abbiamo fatto finora, per preservare i principi fondamentali del web e di Internet. L'obiettivo del web è servire l'umanità" conclude sir Tim. "Lo costruiamo oggi perché chi verrà domani possa creare cose che noi non possiamo nemmeno immaginare".
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