Un saggio a cura di De Kerckhove, allievo di McLuhan, con contributi di Tursi, Bentivegna, Levy e Rodotà sul rapporto tra Internet e democrazia.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 15-05-2006]
Derrick De KercKhove è il sociologo canadese allievo ed erede del grande McLuhan, il teorico della "Galassia Marconi" che ha sostituito la Galassia Gutemberg", cioè chi più ci ha spiegato come è cambiata la nostra visione del mondo dopo l'avvento di Radio e Tv che hanno trasformato epocalmente la cultura come l'aveva trasformata, agli inizi dell'età moderna, l'invenzione della stampa.
De Kerckhove, insieme all'italiano Antonio Tursi, ha curato, per Apogeo, un'antologia di importanti contributi sul tema partecipazione democratica-Internet, dal titolo "Dopo la Democrazia?".
Giustamente si sottolinea nell'introduzione come i saggi degli autori che hanno collaborato al testo oscillino da una posizione che vede la Rete come la panacea dei mali della democrazia, in preda a crisi di credibilità, a fughe verso l'astensionismo e dai partiti tradizionali, al rischio di essere svuoltata e compressa dai poteri forti dell'economia globalizzata e dei media ad una che, invece, vede nella Rete nessuna potenzialità di cambiamento e, semmai, nuovi rischi e pericoli, con posizioni più sfumate, mediane, articolate nel mezzo.
Internet porta all'estreme conseguenze l'età dell'elettricità perché è trasparenza e la democrazia non può che guadagnarci e tanto dall'assoluta trasparenza, come nello Stato dell'India dove la corruzione è stata quasi debellata perché ha messo in Rete tutto sui soldi pubblici e sul come vengono spesi e sul a chi vengono dati. Trasparenza come base per la decisione e il coinvolgimento dei cittadini in un'epoca postideologica, in cui le differenze tra partiti contano poco e niente, l'autogoverno dei cittadini attraverso la Rete è il futuro per questo noto e ascoltato sociologo canadese.
Per Pierre Levy, sociologo francese, ritenuto uno dei "maestri del pensiero" della Rete, Internet diventa addirittura un'utopia salvifica per la democrazia che con grande enfasi ritiene l'unica alternativa praticabile e vincente per il governo del mondo e delle realtà locali: la "cyberdemocrazia planetaria".
Dall'utopia della Rete si scende con i piedi per terra ,grazie alla sociologa italiana della partecipazione in rete Sara Bentivegna, che taglia corto affermando che, finora, la Rete non ha prodotto cambiamenti significativi nel modo di fare politica da parte dei partiti e elle istituzioni tradizionali, non va confusa con la pubblica amministrazione e i suoi servizi on line per i cittadini e semmai i cambiamenti sono stati proprio fuori dalla sfera politica tradizionale.
Per Michele Prospero, autore di un contributo sulla solitudine del cittadino virtuale, la cyberdemocrazia va bene se aiuta ad uscire sul terreno della realtà concreta, dell'incontro fuori dalla Rete con gli altri cittadini, della costruzione di nuovi movimenti dal basso, con la metafora del Barone Rampante di Calvino che non deve limitarsi a vedere la vita e le rivoluzioni dall'alto.
Così è per Franco Berardi "Bifo", teorico del mediattivismo, delle Telestreet, cioè di quei movimenti che non vogliono lasciare lo spazio della Rete solo al dominio delle grandi corporations del software, dell'hardware come Palladium,che permette il controllo della nostra vita virtuale, che colonizzano il nostro immaginario, le nostre emozio, i nostri sogni, in una vita reale povera di affetti ma in cui anche la Rete è canalizzata e dominata da pochi soggetti. La Rete quindi non presenta deterministicamente una prospettiva di liberazione, anzi, ma solo per chi sa starci dentro in modo creativo e ribelle.
Più moderata nei toni per lo meno ma non molto diversa la prospettiva di Stefano Rodotà, padre della legge sulla privacy in Italia e per il periodo iniziale di diversi anni attuazione della legge Garante della Privacy istituzionale. Il problema dell'"habea data", cioè moderno "habeas corpus", in cui si dichiara indisponibile il "corpo elettronico" del cittadino, cioè l'insieme di dati e di informazioni sensibili, che non deve essere di dominio libero ed indiscriminato da parte dei poteri statuali occulti e visibili, come di quelli economici, come non lo è, dagli albori della democrazia, il "corpo fisico" del cittadino che non può essere sottoposto ad arbitraria detenzione o tortura. la questione della privacy è quindi un po' il cuore della questione democratica del Web.
Centrale, come sempre, in Rodotà è il "problema delle regole" perché lasciare la Rete alla sua naturale anarchia o alle dinamiche del mercato rischia di farla diventare il luogo di nuovi monopoli economici e informativi e di assecondare le tendenze alla violazione sistematica della privacy in nome della sicurezza e della lotta al terrorismo.
E' un libro che offre un'ampia gamma di giudizi, di analisi, di chiavi interpretativi non univoche ma spesso divergenti, indispensabile per capirne di più del complesso rapporto Internet-Democrazia.
Scheda
Titolo: Dopo la Democrazia?
Sottotitolo: Il potere e la sfera pubblica nell'epoca delle reti
Autori: a cura di Derrick De Kerckhove
Editore: Apogeo
Prezzo: 13 euro
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