Qualcun altro avrebbe utilizzato gli indirizzi dell'associazione per scaricare materiale pirata.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 22-12-2011]
La scoperta che anche dagli indirizzi IP assegnati alla RIAA - la Recording Industry Association of America, da sempre in dura lotta contro la pirateria - si scarica materiale protetto dal copyright non è piaciuta alla suddetta associazione, che ha provato a difendersi.
Di fronte a chi le faceva notare il proprio comportamento scorretto, la RIAA ha adottato una linea di difesa semplice anche se un po' confusa: ha dichiarato infatti che i download non sono stati fatti dai propri dipendenti.
Gli indirizzi IP da cui sono partiti gli scaricamenti non sarebbero quelli a lei assegnati, ma soltanto indirizzi «simili al blocco di indirizzi assegnato alla RIAA».
In che modo due indirizzi numericamente identici possano essere definiti soltanto "simili" resta misterioso, ma la RIAA non si ferma.
«In ogni caso» - ha continuato l'associazione per bocca di un proprio portavoce durante un'intervista alla CNN - «quegli indirizzi sono usati da un fornitore terzo per gestire il nostro sito web pubblico. Come ho detto prima, non vengono usati dai dipendenti della RIAA per accedere a Internet». L'articolo continua qui sotto.
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C'è poi da dire che la strategia difensiva adottata dai discografici americani ha un altro curioso punto debole.
È infatti analoga a quella portata avanti dalle decine di migliaia di persone portate in tribunale dalla RIAA stessa con l'accusa di aver scaricato materiale pirata, e presentata oltretutto in maniera meno fumosa: alcuni dichiaravano che altri avevano scaricato tramite la loro rete Wi-Fi non protetta (possibile), altri che erano stati probabilmente i figli all'insaputa dei genitori, e via discorrendo.
In tutti i casi, gli avvocati della RIAA hanno ridicolizzato queste affermazioni, facendo ricadere la responsabilità diretta sull'intestatario dell'abbonamento. Curioso come ora le stesse scuse diventino improvvisamente valide.
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