L'economista e capo dell'ufficio studi dell'Asati commenta positivamente lo scorporo della rete di Telecom Italia.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 10-12-2012]
Maurizio Matteo Dècina è un economista ed è anche responsabile dell'ufficio studi dell'ASATI, l'associazione che riunisce qualche migliaio di piccoli azionisti Telecom Italia, molti dirigenti e impiegati e pensionati dell'ex monopolista.
Zeus News gli ha posto qualche domanda sull'impatto economico dello scorporo della rete Telecom Italia deciso dall'ultimo consiglio di amministrazione della società lo scorso 6 dicembre.
Zeus News: Lo scorporo della rete Telecom Italia e la creazione di una società ad hoc è un'operazione finanziariamente valida per tutti gli azionisti o soltanto per i "soliti noti"?
Maurizio Matteo Dècina: "Si è parlato molto di un valore di 15 miliardi di euro per la società che gestirebbe la Rete. In un'analisi economica che considera la rete in fibra come un bene per il Paese, il tasso di sconto da utilizzare dovrebbe essere molto diverso da quello che è il valore del denaro per una banca o per una impresa privata".
"Se a investire è la Cassa Depositi e Prestiti con denaro pubblico, in teoria il valore del denaro dovrebbe essere simile a quello che è il tasso di crescita del PIL. Così come il privato investe per avere un profitto, lo Stato investe per la crescita del PIL. In teoria dunque il WACC (cioè il costo del denaro) dovrebbe essere zero. Ma questa è un'ipotesi estrema da manuale di scienza delle finanze che appunto per i progetti pubblici parla apertamente di tassi di sconto ombra".
"Considerando un WACC del 5%, dunque non del 7%, si arriva a un valore della nuova società di 20 miliardi. E' un valore assolutamente difendibile poiché è del tutto giustificato avere un tasso più basso per via delle enormi ricadute sociali del progetto: 30.000 posti di lavoro e la facilitazione di tantissimi servizi quali telemedicina, teleassistenza, telelavoro, videosorveglianza in HD e via dicendo. La maggior parte di questi servizi può naturalmente esistere anche senza la fibra, ma la loro diffusione è senza dubbio più rapida ed efficace qualora ci sia un'infrastruttura adeguata".
"Considerando 15 miliardi, la cessione di un 20% comporterebbe l'entrata di 3 miliardi, di cui la metà per la riduzione del debito e la metà per il primo 25% della cablatura (1,5 miliardi diviso 300 euro fanno 5 milioni di abitazioni)".
ZN: Si tratta solo di un'operazione finanziariamente valida ma ha anche una sua validità dal punto di vista industriale? Alla fine ci potrà essere più banda larga per tutti?
Dècina: "E' chiaro che una nuova infrastruttura serve a tutti, concorrenti compresi. Ma ancora di più serve al Paese. I benefici sociali di alcuni servizi sono immensi: si pensi alla videosorveglianza in HD nelle strade o alla teleassistenza, o anche al telelavoro dove il lavoratore due giorni alla settimana lavora da casa davanti a un monitor in HD che ricrea perfettamente in modo virtuale l'ufficio. Due giorni su cinque significherebbe un impatto ambientale enorme dovuto alla riduzione del traffico. Sull'aumento del benessere esiste un'ampia letteratura. Mi sembra abbastanza accertato che una nuova rete in larga banda possa creare occupazione e concorrere alla crescita del PIL".
ZN: Chi potrebbe opporsi allo scorporo e chi potrebbe favorirlo?
Dècina: "Credo che se i valori sono questi (3 miliardi per il 20%, con la Newco valutata in 15) l'operazione è conveniente per Telecom, per la Cassa Depositi e Prestiti, per tutti gli altri operatori e anche per gli utenti. E sopratutto per il Paese".
"Chi potrebbe opporsi? Non lo so. A volte dipende da intrecci politici e industriali, spesso queste decisioni sono prive di fondamento logico. Pensiamo alle fusioni o alle varie Opa che ha subìto Telecom. Non c'erano spiegazioni".
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