Il modello ''freemium'' non convince l'Autorità, che chiama in causa Google, iTunes, Amazon e Gameloft.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 19-05-2014]
Chi crea software per smartphone o tablet l'ha capito subito: per guadagnare la strada migliore non è creare un'app da vendere agli utenti, ma un'app gratuita che poi richieda continui acquisti per ottenere nuove funzionalità.
Si tratta di un modello in gergo conosciuto come freemium, parola nata dalla fusione di free ("gratuito") e premium (in questo caso sinonimo di "a pagamento").
Le app realizzate secondo questo schema sono gratuite ma propongono, durante l'uso, l'acquisto di bonus o funzioni ulteriori.
Sono molti i giochi per dispositivi mobili che seguono queste modalità: il gioco base è gratuito, ma per ottenere tutta una serie di potenziamenti, nuovi oggetti e via di seguito è necessario sborsare.
Ora l'Antitrust italiano (AGCM) ha avviato un'istruttoria nei confronti di due società del gruppo Google, di iTunes, di Amazon e Gameloft (sviluppatore di videogiochi) proprio a causa di un'app inizialmente gratuita - un videogioco ispirato alla serie Littlest Pet Shop - ma che richiede «acquisti successivi per continuare a giocare».
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L'Autorità vuole capire se questo modo di comportarsi si configuri come una pratica commerciale scorretta: «i consumatori potrebbero essere indotti a ritenere, contrariamente al vero, che il gioco sia del tutto gratuito e, comunque, non sarebbero messi in grado di conoscere preventivamente gli effettivi costi dello stesso. Sussisterebbero, inoltre, carenze informative circa gli strumenti per escludere o limitare la possibilità di acquisti all'interno dell'App e le relative modalità di attivazione» scrive l'Antitrust.
Al di là del caso specifico, l'Autorità italiana sta prendendo coscienza del problema costituito dagli acquisti in-app, ossia effettuati direttamente dall'interno delle applicazioni, e che spesso sono una tentazione irresistibile per i più giovani: se le informazioni riguardanti l'acquisto non sono più che chiare (ossia chi compie un acquisto non è messo in condizioni di rendersi conto del fatto che sta per spendere del denaro), ecco che si può configurare una pratica commerciale scorretta.
La medesima opinione dell'AGCM è condivisa anche dalla Commissione Europea che, come segnalava Reuters nello scorso mese di febbraio, ha iniziato a indagare proprio sulle app freemium.
«Offrire ai consumatori informazioni fuorvianti è chiaramente un modello di business sbagliato e va contro lo spirito delle regole dell'UE sulla protezione dei consumatori. La Commissione Europea si aspetta risposte molto concrete dall'industria delle app» aveva a suo tempo dichiarato Viviane Reding, Commissario per la Giustizia.
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