Le imprese che, in nome della creazione del valore, sono irresponsabili verso l'ambiente, i piccoli azionisti e i dipendenti.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 25-08-2005]
Luciano Gallino, uno dei più importanti sociologi del lavoro del nostro Paese, aveva dedicato alla figura di Adriano Olivetti, il mitico fondatore dell'informatica italiana, un libro-intervista intitolato "L'impresa responsabile", perché Olivetti aveva voluto la sua azienda fortemente coinvolta ed impegnata nel territorio circostante e verso la comunità interna dei suoi dipendenti e quella esterna in cui operava.
Per questo, invece, dovendo scegliere un titolo per questo suo nuovo importante saggio sull'impresa contemporanea ha scelto "L'impresa irresponsabile". Un tema, quello dell'impresa che si sente sciolta da ogni vincolo etico, politico, sociale, molto attuale, in questi giorni, in cui in Italia si ripropone, in seguito alle vicende delle Opa su Antonveneta da parte della Popolare Lodi, dell'Unipol su Bnl, di Ricucci sulla Rizzoli-Corriere della Sera, il tema della questione morale, della speculazione finanziaria fine a sè stessa, volta a fare soldi con i soldi, senza creare sviluppo ed occupazione, dei raiders che non sopportano regole e controlli ma, anzi, condizionano pesantemente le autorità di controllo e la politica.
Gallino parte da scandali enormi, recenti, come quello Parmalat per farci riflettere che questi scandali, considerati una patologia del sistema, sono invece il prodotto di un modello economico e sociale preciso che è prevalso nell'ultimo decennio nel mondo industrializzato ed in Italia. La struttura del capitalismo italiano, definito troppo familiare e legato alle grandi famiglie, è invece molto comune in Germania, Usa, Francia, e , soprattutto, si è affermato un capitalismo manageriale azionario, cioè un capitalismo in cui a dettare le regole sono gli azionisti, grandi famiglie o fondi finanziari, che privilegiano in breve termine sulle prospettive di lungo respiro, la crescita del valore delle azioni e dei profitti, che alla fine può sfociare solo in speculazione e al limite in scandali.
Gallino cita un rapporto: "I 138 milioni di personal computer che sono usciti dall'industria elettronica nel 2003 non sono stati prodotti in qualche ideale Silicon Valley. Gran parte della fabbricazione di computer ha luogo in paesi in via di sviluppo ed è realizzata da povera gente che lavora in condizioni crudeli . Sono salari i da povertà assoluta, la cui soglia sono due dollari pro capite al giorno, gli orari interminabili, gli ambienti di lavoro defatiganti e nocivi, che permettono a europei e americani di acquistare Pc ad elevate prestazioni a meno di 550 euro."
L'impresa irresponsabile produce la Globalizzazione nei supi aspetti più deteriori, selvaggi, inaccettabili, non si sente responsabile nè verso gli Stati nazionali, a cui, grazie ai paradisi fiscalifa mancare il contributo delle tasse in modo sempre più rilevante, nè verso i dipendenti, nè rispetto all'ambiente. Non basta che le imprese più importanti adottino codici autonomi di responsabilità sociale, occorre una legislazione precisa italiana ed europea sulla responsabilità sociale, dice Gallino. Il tema riguarda la politica e i partiti di CentroSinistra, anche se, oggi, aggiunge Gallino, perfino un presidente di destra come Chirac propone, nelle sedi internazionali, la tassazione anche minima delle transazioni finanziarie, proposta che proviene da un pezzo del movimento No Global come Attac, e su questo dovrebbero esprimersi i politici italiani, invece che accusarsi o difendersi sulla questione morale.
Scheda
Titolo: L'impresa irresponsabile
Autore: Luciano Gallino
Editore: Einaudi
Prezzo:15 euro
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